Francesco e Carla Cecchini, sono due giovani sposi della nostra Diocesi: hanno due bimbe di sei e due anni e mezzo (Marta e Elena) mentre un fratellino, Tommaso, è in arrivo a gennaio.
Dal 2008 entrambi fanno parte dell’Ufficio Famiglia della Diocesi con il quale hanno collaborato ad alcuni progetti. Dal 2012 Carla è insegnante e Francesco sensibilizzatore del Metodo Billings per la regolazione naturale della fertilitàÈ stata un’esperienza che ci ha arricchito molto a livello personale – racconta Carla – dandoci tanti spunti di riflessione su argomenti, come la sessualità, di cui purtroppo spesso non si parla in coppia. Concluso il percorso formativo (che comunque prosegue con gli aggiornamenti periodici) ci siamo resi disponibili a svolgere il servizio in diocesi e zone limitrofe, trattando l’argomento paternità e maternità responsabile/metodi naturali nei corsi prematrimoniali delle parrocchie che ci hanno contattato, facendo incontri sull’educazione all’affettività per bambini/ragazzi dalla V elementare alla II media nell’ambito del catechismo, insegnando il metodo Billings a quelle coppie che ne hanno fatto richiesta. L’insegnamento del metodo è totalmente a-confessionale, vale a dire che è aperto a qualunque donna voglia imparare a conoscersi e a qualunque coppia voglia intraprendere uno stile di vita rispettoso dell’integrità della persona”.

(Per chi volesse approfondire rimandiamo a:
http://www.confederazionemetodinaturali.it/it/Associazione-Metodo-Ovulazione-Billings-MOB-Toscana )

carlafrancescoA Carla e Francesco abbiamo rivolto alcune domande in occasione del Sinodo sulla Famiglia.

Il tema di questo Sinodo è “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”. In attesa dei risultati del lavoro dei padri sinodali e del contributo di Papa Francesco, secondo voi qual è la vocazione e la missione della famiglia oggi?

Crediamo che la famiglia sia chiamata oggi a riscoprire il disegno originale di Dio su di essa; siamo stati creati uomo e donna con l’amore e la lungimiranza di un Padre che ha a cuore il bene e la felicità dei suoi figli; dovremmo riuscire a testimoniare la gioia che scaturisce dall’incontro con l’altro, la speranza e la forza che si può trovare solo nel supporto reciproco.
La famiglia inoltre è piccola Chiesa e cellula fondamentale della società e deve essere aiutata a scoprire e a calarsi in questo ruolo, mentre emerge sempre più la tendenza a seguire gli interessi individuali, a rimandare le scelte definitive che costituiscono un “impegno”.

Quali riflessioni e indicazioni suggerite per annunziare e promuovere efficacemente l’apertura alla vita e la bellezza e la dignità umana del diventare madre o padre?

Nessuno può giudicare la scelta di rinviare la nascita anche solo del primo figlio, ma ciò rischia di diventare una trappola per le coppie che sempre più spesso si sentono in diritto di ergersi ad arbitri della vita umana. Spesso non si riesce a comprendere fino in fondo quale immenso dono Dio padre ci abbia fatto nel renderci cooperatori della generazione di una nuova vita. La fertilità e la fecondità sono percepite come un problema da gestire, piuttosto che come un dono ed un valore da coltivare; si cercano i mezzi più efficaci per comandare sulla natura, quando in essa c’è già la soluzione. Dio stesso infatti, affidando alla coppia la capacità di procreare, ha concepito la donna con fisiologia e ritmi che, se osservati e conosciuti, permettono di vivere in maniera armonica e coerente una sessualità pienamente rispettosa dell’integrità della persona. La conoscenza dei Metodi Naturali di regolazione della fertilità, in questo senso, è uno strumento che consente alla coppia di approfondire il dialogo e la fiducia reciproca e di impostare uno stile di vita rispondente al disegno originario di Dio, senza compromessi e basato sulla pari dignità di uomo e donna. Nell’affidarsi l’uno all’altro gli sposi matureranno anche quella fede nella Provvidenza che consentirà loro di aprirsi con fiducia alla generazione di una nuova vita.

Perché, secondo voi, le coppie oggi sono così fragili? Che idea vi siete fatti delle difficoltà o delle resistenze a formare una famiglia che vivono i vostri coetanei?

Oggi, da ogni parte, c’è una forte spinta verso la realizzazione personale, a rincorrere le proprie ambizioni e ciò comporta spesso il nascere di attriti all’interno della coppia. Vivere insieme comporta fare spazio all’altro, essere disposti a riordinare le priorità e far passare il “noi” davanti all’”io”. Quando poi viene raggiunto un equilibrio nella coppia, non è scontato che i due si mettano nuovamente in gioco per far spazio a un “terzo”.
Inutile negare che diventare genitori fa paura; predomina il timore dell’impatto economico che può derivare dalla nascita di un figlio o delle ripercussioni sull’attività lavorativa che spesso è precaria e non tutela la maternità. La struttura delle famiglie, poi, non è più “allargata” come una volta: le figure dei nonni possono mancare perché non in grado di svolgere il loro ruolo o perché lontani se la famiglia si è trasferita magari per esigenze lavorative.

Che cosa manca oggi nella Chiesa per andare incontro alle difficoltà della famiglia?

L’ideale sarebbe che, dopo il matrimonio, la famiglia si sentisse accolta dalla chiesa, che percepisse la vicinanza della comunità parrocchiale. Se la comunità si ritrova solo per la celebrazione eucaristica, se ognuno abbandona frettolosamente la chiesa sulle note del canto finale, la coppia sperimenterà solo la superficialità dei rapporti e si chiuderà, ben che vada, in una fede intimistica, facendo affidamento solo su se stessa.
Spesso la Chiesa interviene a sostegno delle famiglie o di quel che resta di queste, quando è ormai manifesta una difficoltà (disagio economico, separazione, episodi di violenza). Manca invece la fase educativa e di sostegno/accompagnamento in modo da non far crollare la famiglia alla prima difficoltà. Servirebbe una diversa e più calorosa accoglienza nei confronti delle giovani coppie, che non dovrebbero essere lasciate a se stesse dopo la celebrazione del matrimonio, servirebbero momenti e occasioni di confronto, condivisione, incontro tra famiglie. I parroci dovrebbero essere i primi promotori di una comunità viva e attenta, perché le coppie possano sentire la chiesa come punto di riferimento sia nei momenti positivi che in quelli di difficoltà e fatica.

Cosa vi sentireste di dire ai vostri coetanei o alle coppie più giovani che fanno fatica a pensare a una famiglia?

E’ difficile cercare di entrare in una mentalità diversa dalla nostra senza cadere nel giudizio. Il punto da cui ci sentiamo di partire è che c’è nell’uomo un innegabile bisogno di relazione e di amore. Questo innato desiderio è presente da sempre e trova compimento nella relazione totale ed unica con l’altro. Dio stesso lo ha riconosciuto ed ha benedetto l’unione fra uomo e donna; come si può prescindere da questo?
E’ importante riuscire ad entrare nell’ottica del dono, sia per quanto riguarda il coniuge che i figli, uscendo da una mentalità ristretta ed egoistica, cercando piuttosto di promuovere e valorizzare l’altro. Siamo chiamati a guardare in alto e a sognare in grande, non dimentichiamolo!

Ugo Feraci

Vi invitiamo a visitare la nostra pagina dedicata al Sinodo della Famiglia. Lì troverete questa intervista e altri contributi.