San Jacopo intabarrato

Giacomo (Jacopo o Iacopo), figlio di Zebedeo e Salome, fu, insieme al fratello Giovanni, uno dei dodici apostoli; comunemente detto il Maggiore per distinguerlo da Giacomo di Alfeo, detto il Minore. Pescatore, si trovava sulla riva del mare di Galilea quando rispose alla chiamata di Gesù che “Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti. Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono. (Marco 1,19-20). Chiamato da Gesù figlio del Tuono (come il fratello Giovanni), si contraddistinse per lo spiccato carattere, irruento e impetuoso, dopo la Pentecoste predicò il Vangelo in Giudea e Samaria per poi spostarsi fino in Spagna. Una volta ritornato in Gerusalemme, nel 42 d.c.. fu il primo apostolo a subire il martirio di spada, per volere di Erode Agrippa. Il suo corpo, traslato in Spagna sarà ritrovato molti secoli dopo in una remota località della Galiza, grazie alla miracolosa indicazione di una stella. Da quel momento, il posto, chiamato Campus Stellae divenne con il nome di Santiago de Compostella (in ricordo di San Giacomo, Jago in spagnolo) luogo di pellegrinaggio di numerosi fedeli giunti da ogni parte del mondo. Nella memoria collettiva e nell’iconografia artistica è comunemente rappresentato con gli attributi tipici del pellegrino, quali il bastone, la zucca, il largo cappello, la bisaccia e la conchiglia (con precisione una capesanta, la valva simbolo del pellegrinaggio a Compostella che, secondo la tradizione, veniva raccolta sulla spiaggia di Finisterre). La festa ricorre il 25 luglio, giorno di celebrazione liturgica nelle città che lo hanno scelto come patrono, tra le quali Pisa, Pesaro e Pistoia.

Secondo l’erudito Michelangelo Salvi, la devozione di Pistoia per San Jacopo ebbe inizio quando correndo l’anno 849 vennero i Saraceni in Italia […] il che sentendo i Pistoresi, gran travaglio se ne presero, temendo fortemente di qualche grave danno o crudele invasione alla loro città: […] pensarono anco essi alla protezione del […] Santo ricorrere, e così invocatolo con viva fede, e ricevutolo per loro Protettore con solenissime feste e processioni, una Chiesa in onore e gloria di Lui, nella fortezza del Castellare fabbricarono, e la città loro non meno dal pericolo che dal timore restò liberata. La chiesa, edificata come solenne ringraziamento, è da identificarsi con quella di San Iacopo in Castellare la cui storia è indiretta testimonianza del primo embrione del culto jacobeo in Pistoia, molto prima dell’arrivo della reliquia da Compostella. Nel 1144, sarà infatti il Vescovo Atto ad ottenere una parte del corpo del santo, grazie all’intercessione di Ranieri, un ecclesiastico pistoiese trasferitosi nella città galiziana.

A San Jacopo, patrono e protettore di Pistoia, ci rimanda l’esplicativa iconografia del dipinto, sotto il loggiato della Cattedrale, sulla lunetta d’ingresso alla Sacrestia di San Jacopo, raffigurante il barone messere, in veste di pellegrino mentre sorregge un’immagine della città di Pistoia, quale parte integrante di un ciclo pittorico più ampio con le Storie del Santo, opera di Giovan Battista Naldini e Giovanni di Bastiano Calducci (1582). La sacra capsella contenente il frammento di San Giacomo, una volta giunta a Pistoia doveva trovare solenne collocamento in un altare consacrato a ciò “in basilica nostre matris Pistoriensis ecclesia”. Per questo motivo, il presule Atto dette subito disposizione di costruire un altare predisposto a ciò, il quale, a sua volta, sarà più tardi inserito entro una cappella dedicata al santo, ricostruita, dopo l’incendio del 1204, in quelle forme gotiche che manterrà, inalterate, fino alla soppressione ricciana del 1784. La Cappella trovò collocazione nelle prime due campate della navata sinistra della Cattedrale di San Zeno, delimitata da un’elegante cancellata in ferro e dotata di una porta dei pellegrini per l’accesso diretto dall’esterno, ed assumendo, nella sua piena autonomia rispetto al resto dell’edificio che la conteneva. A partire dall’ottavo decennio del secolo XII, per la chiesa e il Comune le celebrazioni in onore del santo patrono iniziavano il 24 luglio, la vigilia del dies natalis, e continuavano per tutta l’ottava successiva, caratterizzandosi per un solenne susseguirsi di cerimonie liturgiche, cortei e tornei dove l’aspetto più sacro della festa finiva per sovrapporsi e qualche volta confondersi con il senso più civile e popolare del “giorno di festa”. La cerimonia degli omaggi e la processione, dal prato di San Francesco alla Cattedrale, erano i principali momenti della vigilia che si concludeva con una “luminaria” (pannelli unti o impregnati di materie resinose posti entro padelle) collocata sulle torre della Cattedrale e sui cornicioni dei palazzi pubblici e privati. Per il popolo pistoiese il 25 luglio era il giorno della festa, del riposo, della solenne celebrazione in Cattedrale ma anche il momento del pubblico divertimento dove assistere al palio dei barberi che si correva lungo le strade della città o prendere parte alla chiassosa e pittoresca fiera sul Prato di San Francesco. Nell’occasione della festa, la Cattedrale di San Zeno e la Cappella di San Jacopo erano preparati con ricchi allestimenti di pregiate stoffe, reliquiari e splendidi pezzi di oreficeria. Al temine della Messa, secondo una tradizione in uso dal 1372 al 1777, le autorità, i nobili pistoiesi e quelli forestieri si recavano presso il Palazzo Comunale per godere di una generosa colazione che consisteva in un ricco e prelibato banchetto culinario fatto di galanterie quali vini pregiati, frutta, pane, berlingozzo e trionfi di confettura dorata (confetti), forniti all’Opera dall’antica spezieria del Vescovato o Farmacia dei ferri. In esterno, di fronte alla Cappella di San Jacopo, era collocata, sopra un altare, una statua lignea di San Jacopo la quale, dalla seconda metà del secolo XIV, il giorno della vigilia e della festa, era coperta da un mantello rosso. La tradizione di coprire San Iacopo con il pastrano rosso, facendolo diventare non solo pellegrino ma anche barone e priore della repubblica medievale pistoiese, è continuata, salvo qualche breve parentesi, fino all’epoca attuale: soppressa la cappella di San Iacopo, si iniziò a vestire la statua di Andrea Vaccà, prima posta sul tetto del portico della Cattedrale, poi spostata in cima ai due acroteri. Se il significato sotteso al gesto simbolico di mettere il piviale vermiglio sulle spalle di un santo è quello di rimandare alla memoria del suo martirio e della sua santità, a Pistoia tale significato viene a piegarsi di fronte alla tradizione popolare che vuole vedere dietro quel gesto il ricordo della storia di un San Jacopo come sagace contadino pistoiese, protagonista dell’ironica e gergale novella Pagar ‘a tanto haldo di Gherardo Nerucci: Sa’Iacopo er’un contadino di giù di lontano, eppò ‘un zi dice S. Iacopo di Gallizia?. E pare ‘he fusse anco ‘n pò bindolo, o almeno, sa?…’un pagaa ma’ nessuno. Sicchè lu’ un giorno va da un contadino a comprà un par di vitelli, dice: “Ve li pagherò a tanto haldo; venite là per Sa’ Iaopo e allora ve li pago”. Codesto contadino gli dà ‘vitelli e lu’ se ne va. Quande ‘rivò a Sa’ Iacopo, ‘l contadino gli va a chiède ‘su quattrini, ma lu’ birbo, ‘he se n’arriordaa, ‘he devea vienì questo a piglià ‘quattrini, si messe ‘l pastran’ addosso per parè d’aè freddo. ‘Riva ‘l contadino, dice: “Oh!…or’è caldo, e siem’a Sa’Iacopo e son venuto a prènde’ ‘cuattrini de’ vitelli: Fa, lu’ dice: “Si, ma i’ ‘un ho mia ‘aldo! ‘un vedete ‘he ho sempre ‘l pastran’ addosso?”. E così lu’ ‘un pagò ‘vitelli e per cuesto ‘l giorno di Sa’ Iacopo gli mettano ‘l pastranino; eppo’ ‘un zi dice:

I Pistoiesi quant’enno hoglioni

Gli mettano ‘l pastranin né solleoni?!

Nella tradizione popolare, accanto al pubblico divertimento della fiera e del palio, si snoda tutta una serie di costumanze legate ai pranzi in famiglia fatti di berlingozzi e brigidini, uva saiacopa e mele saiacope, dove nel giorno del santo patrono la campana di mezzogiorno suona a maccheroni.

Tra le maggiori attrattive profane della festa di San Iacopo un posto di primo piano spetta alla palio dei cavalli barberi che si correva nella tarda serata del 25 luglio e al cui vincitore veniva dato come trofeo della vittoria, un palio.

 

Francesca Rafanelli