La parola del Vescovo Tardelli -una sintesi della sua omelia per la messa del mercoledì delle Ceneri – invita a vivere il tempo della Quaresima come un dono prezioso, un’occasione in cui diagnosticare mali, incoerenze e debolezze personali, ma anche per guardare con speranza e fiducia alla grazia che viene dal Risorto e dona pienezza di vita.
Inizia il tempo della Quaresima. Il vangelo del mercoledì delle ceneri ci invita a non assumere una faccia triste e melanconica. Ci invita a considerare questo tempo non come un tempo di tristezza e mestizia, bensì di grazia e di speranza. Alla fine la Quaresima è anche un tempo di gioia, perché esso apre alla grande festa di Pasqua, ci conduce alla pienezza della vita da risorti con Cristo.
Un tempo dunque, per cui ringraziare il Signore, un dono prezioso concesso da Lui per la nostra guarigione e salvezza. La Quaresima è il tempo in cui rendere possibile la nostra partecipazione alla vita divina, per avvicinarci almeno un po’ alla pienezza della vita. Un tempo che ci è donato e che dobbiamo accogliere; non un tempo per manifestare la nostra orgogliosa capacità di superare noi stessi così da essere migliori degli altri, bensì per lasciarci condurre alla guarigione del nostro cuore e a una vita di gratitudine e di amore da Colui che è il medico celeste.
Ecco che allora possiamo parlare con San Paolo di “tempo favorevole”, di grazia e dono, di gioia e speranza. Anche se, e questo è altrettanto vero, il nostro medico celeste ci invita a fare un’attenta diagnosi delle nostre malattie spirituali.
La Quaresima è anche questo: diagnosi attenta dei nostri mali, invito a guardare in faccia i nostri peccati, le nostre ferite, il nostro cuore indurito. Per questa diagnosi abbiamo davanti agli occhi e dobbiamo mettercele, le 10 parole, i dieci comandamenti; abbiamo inoltre il duplice, sintetico comandamento che ci dice di amare Dio con tutto il cuore e il nostro prossimo come noi stessi.
La diagnosi verte in definitiva sulle nostre relazioni con Dio, su che tipo di rapporto, di relazione abbiamo con Lui; poi sulle relazione che abbiamo con gli altri e infine sulla relazione che abbiamo anche con noi stessi, come cioè trattiamo noi stessi, i doni che il Signore ci ha dato.
La diagnosi deve essere sicuramente attenta e approfondita. Come sul piano fisico, un’attenta diagnosi è necessaria per approntare la terapia, così anche sul piano spirituale. Senza diagnosi non ci può essere terapia efficace. Ecco perché il Signore in Quaresima ce la propone. Ma la diagnosi, anche sul piano della vita meramente fisica, se può creare disagio e qualche turbamento, è motivo di speranza, non di tristezza. La constatazione del male è in vista della terapia e della guarigione.
Mentre però sul piano puramente fisico sappiamo che non sempre la terapia si trova e non sempre si può guarire e questo rende più pesante la diagnosi, sul piano spirituale non è così. Noi sappiamo bene che la terapia giusta esiste e che la guarigione è sicura: il medico celeste, Gesù nostro Signore, che per noi è morto e risorto ha la terapia giusta, infallibile e ci può con certezza guarire col suo Santo Spirito. Basta che ci affidiamo con fiducia a Lui. Ecco perché con la gioia luminosa della vittoria pasquale di Cristo sul peccato e sulla morte si rischiara anche il tempo di Quaresima e la rende tempo non di tristezza, ma di gioiosa speranza.