A Parigi un convegno internazionale promosso dalla Santa Sede sul parroco di Bozzolo. Tra i relatori Mariangela Maraviglia

Sotto il patrocinio dell’UNESCO e in collaborazione con la Fondazione “Don Primo Mazzolari”, la Missione Permanente della Santa Sede presso l’UNESCO e la Diocesi di Cremona hanno organizzato il 29 novembre 2018 un convegno internazionale sulla figura di don Primo Mazzolari, parroco novecentesco del paese di Bozzolo, che alla diocesi di Cremona fa parte.
L’incontro, dal titolo Il messaggio e l’azione di pace di don Primo Mazzolari (1890-1959), si è svolto a Parigi presso la sede Unesco e ha visto la partecipazione del cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, di monsignor Antonio Napolioni, Vescovo di Cremona, di don Bruno Bignami, presidente della Fondazione “Don Primo Mazzolari”, di Guy Coq, presidente onorario dell’associazione “Amis d’Emmanuel Mounier”. Tra i relatori, anche la nostra collaboratrice Mariangela Maraviglia, membro del comitato scientifico della Fondazione “Don Primo Mazzolari” e autrice di diversi studi – monografie, articoli, curatele di volumi – dedicati al parroco cremonese. «Riflettere su come il pensiero e l’azione di questo sacerdote può aiutarci tutti a vivere il nostro tempo con coraggio e aiutare a costruire ciò che Papa Francesco chiama la civiltà dell’amore» è stato l’obiettivo del congresso nelle parole del card. Pietro Parolin.
Il cardinale – dopo l’introduzione di mons. Francesco Follo, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO, che ha portato tra l’altro il saluto di Papa Francesco, e dopo l’intervento del vescovo di Cremona – ha ripercorso la vita di questo sacerdote che, avendo «affrontato il dramma della guerra» prima come soldato semplice poi come cappellano militare, ha maturato «convinzioni che lo condurranno a diventare un costruttore di pace del XX secolo». È la «dura realtà della guerra» che «lo aiuta a comprendere che tra il Vangelo e la violenza la distanza è abissale». Dagli anni dei regimi totalitari in cui Mazzolari «ha avuto il coraggio di opporsi con forza a tutte le forme di ingiustizia e razzismo», al sostegno alla Resistenza «come esercizio di una coscienza che voleva preservare l’umanità dall’incubo della violenza»; dalle indicazioni nel periodo della seconda guerra mondiale sul discernimento del «bene e vero» in una «realtà che non è mai limpida», all’impegno per l’educazione della coscienza («il mito del dovere come esattamente opposto al primato della coscienza morale») o la convinzione della necessità di una istituzione sovranazionale come garante di pace: questi alcuni passaggi della vita e dell’azione di don Primo messi in luce dal Segretario di Stato vaticano.
A Mariangela Maraviglia era assegnato il tema La parola ai poveri da don Primo Mazzolari a Papa Francesco. «Nella Chiesa che dà la parola ai poveri disegnata oggi da Papa Francesco, si ritrova l’eco delle speranze che ancora comunicano la vita e l’opera di don Mazzolari», ha affermato la storica. Maraviglia ha segnalato l’attualità della figura del parroco lombardo, rimarcata più volte dallo stesso Bergoglio nei suoi interventi dedicati al prete italiano, a partire da quello letto nel corso della visita da lui resa alla sua tomba il 20 giugno del 2017. Don Primo è stato un «sacerdote coraggioso» che «fin dagli anni Trenta del Novecento faceva dell’attenzione ai poveri che apre all’esercizio della misericordia un cardine imprescindibile della vita cristiana», ha ricordato Maraviglia, sottolineando come tale attenzione segni particolamente l’attuale pontificato e stabilisca «indubbie e a prima vista singolari sintonie tra due esperienze storicamente e geograficamente distanti».
Ha quindi proposto alcuni «elementi e motivi di tale consonanza» ripercorrendo brevemente la vicenda di Mazzolari, le fonti del suo pensiero, la condivisione con personaggi e ambienti della storia dei suoi anni. Bibbia, Vangelo, Padri della Chiesa, Francesco d’Assisi, furono i fondamenti su cui si innestò la lettura dei francesi Charles Péguy, Georges Bernanos, Jacques Maritain, Emmanuel Mounier, e degli italiani che avvertiva vicini, per primo il sindaco di Firenze Giorgio La Pira con la sua Attesa della povera gente. Ispirazioni che non furono raccolte solo nella sperduta parrocchia di Bozzolo, ma anche da varie personalità con cui Mazzolari fu in contatto e spesso in amicizia: don Lorenzo Milani e la sua passione educativa che si faceva scuola di emancipazione per gli ultimi; don Zeno Saltini e la sua Nomadelfia, città della fraternità e dell’accoglienza di bambini abbandonati, figure, queste, entrambe valorizzate dalle recenti visite di papa Francesco nei luoghi della loro presenza; i più giovani religiosi David Maria Turoldo ed Ernesto Balducci, spesi in opere di carità e nella predicazione sui temi della giustizia e della pace; don Arturo Paoli che, allontanato forzosamente dall’Italia nel 1954, scriveva a don Primo della necessità di «essere come i poveri»; Giuseppe Dossetti, che avrebbe ispirato il discorso sui poveri e sulla povertà della Chiesa pronunciato dal cardinale Giacomo Lercaro al Concilio Vaticano II. Un discorso raccolto in particolare dall’episcopato della Chiesa latinoamericana, che fece della «opzione preferenziale per i poveri» la cifra del suo rinnovamento.
Papa Francesco, ha sottolineato Maraviglia, «conferendo nuova centralità a una Chiesa che sia sempre più “Chiesa povera e per i poveri”, fa propria oggi una richiesta e un impegno che sorgeva dalle voci più sensibili del cristianesimo del secolo scorso, e tra queste la voce viva e partecipe di don Mazzolari». E ha concluso: «Dare la parola ai poveri è compito acquisito per la Chiesa contemporanea. Ne detta l’esigente revisione interna alla luce della radicalità evangelica; la pone come uno dei pochi baluardi, forse l’ultimo baluardo rimasto a contrastare il dominio di poteri onnivori e disumani. È una sfida non meno ardua di quanto si mostrò nel Novecento vissuto da Mazzolari».