Una coppia di fronte a una diagnosi infausta I drammi e le risposte alla malattia prenatale Decisivo l’incontro con Giuseppe di Noia, ginecologo dell’ospedale Gemelli di Roma

di Daniela Raspollini

Le storie che “viviamo” al centro spesso ti rimangono addosso» — Gianna Matteoni, del Centro di Aiuto alla Vita di Quarrata prova a raccontare l’ultima «che — spiega — ci ha tutte molto toccato». È la storia di due giovani impauriti e confusi, in attesa del loro terzo bimbo. «L’ultima ecografia aveva rivelato un grave problema di salute; la struttura ospedaliera faceva pressione perché decidessero in fretta consigliando di interrompere la gravidanza, perché — dicevano — la situazione era compromessa e il bimbo non avrebbe potuto vivere». «Erano disperati, disorientati — racconta Gianna — in fondo non erano sicuri di abortire. Ci abbiamo parlato, cercando solo di tranquillizzarli, di aiutarli a fare un po’di chiarezza. Poi li abbiamo messi in contatto con il professore Giuseppe Noia, direttore dell’Hospice perinatale dell’ospedale Gemelli di Roma. Dopo alcuni accertamenti il dottore purtroppo ha dovuto confermare la diagnosi. Poi però ha domandato ai genitori: se a uno dei vostri altri due figli capitasse una malattia o un incidente, cosa fareste? Così hanno deciso. La gravidanza è andata avanti, ma il piccolo è morto. Il giorno del funerale il padre mi ha detto: “Ora sono sereno, so di aver fatto tutto quello che mi era possibile per aiutare il mio bambino. Se non lo avessi fatto non me lo sarei mai perdonato”. E in quegli occhi pieni di dolore, ho visto tanta serenità».