di Ugo Feraci

«Musei: cimiteri!». Fa un effetto straniante rileggere questa sentenza del manifesto futurista proprio oggi che di musei, cimiteri e chiese, si invoca e attende la riapertura. Nè solo, nè tanto, per le attese di vedove o preti senza quattrini, quanto per un’esigenza che tocca una radice profonda dell’umano. Anche un museo afferra l’umano. «Che ci si vada in pellegrinaggio, una volta all’anno, — proseguiva Marinetti — come si va al Camposanto nel giorno dei morti…. ve lo concedo. Che una volta all’anno sia deposto un omaggio di fiori davanti alla Gioconda, ve lo concedo…. Ma non ammetto che si conducano quotidianamente a passeggio per i musei le nostre tristezze, il nostro fragile coraggio, la nostra morbosa inquietudine». Di ben altro c’è bisogno? In Francia qualcuno, per provocazione ma non troppo, ha azzardato: vendiamo la Gioconda e rimettiamo in sesto il paese! La si ceda a qualche sceicco pieno di soldi, magari a chi può appenderla, a bordo di uno yacht miliardario, accanto al Salvator Mundi di Leonardo (venduto a uno sceicco di Abu Dhabi con un’asta record). Arte come merce, bellezza contabilizzata che tocca le tasche più della vita. Negli Stati Uniti qualche museo, in difficoltà per la pandemia, ha già pensato di svendere pezzi per rimediare il bilancio. Si svendono le opere d’arte ma non c’è da scandalizzarsi. Già si vendono i bambini; ce lo racconta un video banalmente agghiacciante che gira in rete questi giorni. Si contabilizza la cultura, come la vita. Che si “consuma” e si valuta, fino a farla sparire nelle fosse comuni di chi non conta nulla. Per fortuna ci sono musei, cimiteri e chiese a ricordarci che c’è di più. Perché lì dentro non si compra nulla: l’arte è un incontro, la chiesa l’occasione di un incontro, il cimitero un luogo di incontri che dà occasione di pensare a quello definitivo. «Volete dunque sprecare tutte le vostre forze migliori, in questa eterna ed inutile ammirazione del passato, da cui uscite fatalmente esausti, diminuiti e calpesti?». La domanda futurista è insidiosa. Una tentazione sempreverde. In realtà musei, chiese e cimiteri restano spazi per leggere il presente e aprire lo sguardo al futuro. «Nella crisi che sta mettendo il mondo di fronte a una sfida senza precedenti, i musei sono “oasi del reale”: conservano il passato, definiscono il presente ed educano al futuro, generando idee e creatività straordinarie». Parole ispirate che lanciano una sfida: quella di un Manifesto, «un progetto — prosegue lo scritto — che attraverso le parole degli artisti e dei creativi …offra una visione di futuro alla rinascita culturale». Parole che si leggono sulla home page del Museo Marino Marini. Quello di Firenze.