DI DARIO CAFIERO

Il caso. Spente le polemiche ancora senza esito il dibattito sullo stato di inquinamento delle acque

Ripartiamo dai numeri che da tempo si rincorrono su uno dei temi più controversi del territorio della diocesi: quello del rapporto tra industria (verde) e stato di salubrità delle acque. Sono numeri che certificano – ancora una volta – tutto ed il suo esatto contrario, a seconda degli schieramenti. Si archivia un’altra estate di veleni, in senso figurato, sulle acque pistoiesi ed i loro ingombranti vicini verdi, i vivai.

Il punto di partenza dell’ennesimo scontro è il report estivo di Arpat che, nella seconda metà di luglio, riporta al centro dell’attenzione «l’attività di monitoraggio dei fitofarmaci» sul territorio pistoiese.

Lo studio Arpat ha coinvolto acque sotterranee e superficiali (sintesi integralmente consultabile sul sito di Arpat Toscana, www.arpat.toscana.it ) evidenziando, da un lato, «deboli segnali di miglioramento» che si contrappongono al «superamento degli Standard di Qualità» in «un significativo gruppo di corpi idrici, per i quali sussiste un concreto rischio di non raggiungimento degli obiettivi di qualità previsti dalla normativa comunitaria, nazionale e regionale».

Una situazione, già in proroga da anni, che ha nel 2021 il prossimo termine per la totale messa in regola.

Lo studio torna a dar sostegno alla richiesta di azioni mirate a migliorare la situazione sollevata già nei mesi scorsi, tra gli altri, dalla Diocesi di Pistoia che in un comunicato ha sottolineato la necessità, «fuori da allarmismi», di «riflettere ed agire prima che sia troppo tardi». «Il richiamo alla finitezza delle risorse naturali presente nell’Enciclica Laudato si’ torna insieme all’invito già rivolto da monsignor Tardelli ai vivaisti a guardare in faccia la realtà evitando le tentazioni di sfruttare tutto quanto il Creato mette a disposizione. Un richiamo alla responsabilità di ognuno e di ciascuno a riflettere sui limiti alla presunzione manipolatrice dell’uomo e alla salvaguardia delle risorse in particolare le generazioni future». Un pungolo, quello della Diocesi pistoiese, che accende gli schieramenti ma che non riesce ad attirare l’interesse della politica. L’approssimarsi alle elezioni regionali blocca in una rete di mezze dichiarazioni tutti i partiti coinvolti. D’altronde perché mettersi contro, a così pochi giorni da un voto quantomai incerto, una fetta di importanti referenti imprenditoriali del territorio da un lato o centinaia di cittadini carichi di dubbi e perplessità dall’altro? Perché inimicarsi chi può spostare qualche voto e/o qualche decina di voti? Per il bene comune? Ma il bene comune – lo sappiamo bene – non vota.

Tornando ai dati rilevati da Arpat, i dubbi e le perplessità citati in precedenza sono stati raccolti dal Wwf che, al netto di iperboli dal sapore estivo: «escludendo che il Glifosate venga cosparso nottetempo da ambientalisti talebani inebriati dal frinire delle cicale», pongono l’attenzione sulle effettive contromisure da portare alla situazione fotografata nello studio dell’ente regionale. Il controcanto, sulla stessa linea, arriva da Confagricoltura Pistoia che, dopo aver biasimato il lessico utilizzato da Arpat «un’ideologia ambientalistica che scavalca le giuste istanze del Green New Deal, il quale comporta sì la riduzione dell’inquinamento ma non l’invocazione di un modello di agricoltura bucolica o da parco naturale», vede però un’unità di intenti con la richiesta della Diocesi. Lo stesso direttore di Confagricoltura Pistoia, Daniele Lombardi, ritiene condivisibili gli obiettivi, tanto da ribadire che l’ente non vuol «fare retromarcia nella riduzione del glifosate» ma che, anzi, «il problema va affrontato e risolto, riportando i valori dei residui di fitofarmaci nei limiti stabiliti dalla normativa dove non lo sono».

Cosa blocca questa riduzione del glifosate? Il punto d’arrivo di questo gioco dell’oca nello stagno del glifosate arriva dall’Associazione vivaisti italiani e dal Distretto vivaistico ornamentale pistoiese. «Per velocizzare ulteriormente il processo bisognerebbe che fosse dato seguito al protocollo d’intesa siglato lo scorso novembre con noi dalla Regione Toscana, che aveva promesso a tal proposito un sostegno economico (per ora non pervenuto) ai vivaisti, per aiutarli ad affrontare gli investimenti necessari senza perdere competitività e quote di mercato». Come a dire che l’azione della politica si risvegli e torni ad essere decisiva per la risoluzione della disputa, tra sostegni (o bonus, come ci ha insegnato il 2020) per decisioni ormai non più procrastinabili.

Il Glifosate è il diserbante sul banco degli imputati