DI MICHAEL CANTARELLA

Col trascorrere di questo agosto, assai strano e non certo sereno viste le problematiche che stiamo vivendo, abbiamo assistito ad un languido appiattimento del dibattito politico. Nell’ultimo numero de “La Vita”, nell’articolo di apertura di prima Troppi silenzi sul Glifosato il nostro Dario Cafiero riporta fedelmente le tappe di una polemica, anche se sarebbe stato più corretto parlare di dibattito, che si è consumata, al solito, come neve al sole. Troppi gli attori in gioco, altissima la posta, difficile ragionare.

Eppure il tema meriterebbe un’attenzione costante e non solo nelle occasioni di pubblicazioni o peggio di emergenze. Ed invece, anche questa volta, dopo le scaramucce di fine luglio, il silenzio è nuovamente calato sull’argomento. Anche le fazioni della politica regionale, impegnate a rivoltare il territorio in cerca di qualche voto in più, hanno guardato bene di intervenire con parole chiare nel dibattito. Dispiace, perchè probabilmente era proprio questo il momento per cominciare seriamente a fare un ragionamento sui modelli di sviluppo di questo territorio e del loro impatto sull’ambiente e sulla salute delle persone. Il momento di immaginare un futuro diverso per capire, per esempio, se e come le produzioni intensive e impattanti, compresa quella agricola o green potranno svilupparsi e trovare nuovi mercati pur in un contesto di necessaria maggiore attenzione al minor consumo di risorse.

Certo, questo vale per l’industria vivaistica, ma il senso di questa riflessione può e deve essere esteso a tutti i comparti, cosiddetti tradizionali, che ancora oggi in Toscana trainano il mondo del lavoro in termini di numeri assoluti. Un cambio di mentalità davvero epocale, che sappiamo benissimo non avere futuro a meno che non vengano messe in campo forme di sostegno (agili, concrete e mirate) che permettano alle imprese – anche e soprattutto quelle piccole, che sono la stragrande maggioranza – di investire in percorsi di ricerca e sviluppo. Il dossier Arpat sullo stato delle acque, come anche i precedenti, è stata un’occasione, una chance per chi governerà la Toscana nei prossimi anni, offrendo la possibilità di incidere davvero sul bene comune di un territorio e delle persone che lo abitano. Questa voglia di cambiare discorso preoccupa e fa capire che il lavoro della società civile, dell’associazionismo, ma anche della Chiesa, è ancora lungo e che fare i conti con la rivoluzione verde non sarà uno scherzo.