di Suor Roberta Sommaggio

Nella lettera pastorale il Vescovo ci invita ad un «ascolto orante della Parola di Dio» come punto fermo da non tralasciare mai. Perché è così importante sostare, portare all’orecchio, alla bocca, al cuore, stare in relazione con una parola, La Parola di Dio? La mia risposta da consacrata e allo stesso tempo da donna in cammino, ha a che fare con l’essere stata toccata, guardata, amata da un’esperienza, un incontro con Qualcuno. Credo che ciò che ci fa fermare e “perdere tempo”, donare cura e attenzione in una relazione sia Chi abbiamo di fronte, Chi abbiamo nel cuore, è quel “di Dio” che troviamo nella frase iniziale. È l’amato, l’amico, la sorella o il fratello con cui parlo, a dare valore e senso, solidità e autenticità a quello stare. Ecco perché per entrare sempre più in intimità e profondità, per scavare, rifondare la nostra vita sulla solida roccia, abbiamo bisogno di fare memoria e riconoscere nella nostra vita il tocco concreto della Sua presenza, la gratuità del Suo amore, chi abbiamo di fronte. Ecco che quella Parola diventa speciale, diventa vitale perché riconosciamo che senza di essa, senza di Dio, la vita perde sapore. Padre Ermes Ronchi sottolinea che Dio ha scelto la Parola per comunicare con noi. Ha scelto una cosa umilissima e fragile: «un fiato nel vento, una vibrazione nell’aria», eppure, di una potenza fortissima, perché è la prima forma di comunicazione, la più profonda, la più seria. «La Parola di Dio è viva, energica, più tagliente di ogni spada a doppio taglio, penetrante fin nella divisione tra anima e spirito, giunture e midolla, giudicatrice dei sentimenti e dei pensieri del cuore» (Ebrei 4,12). Noi stessi dobbiamo mantenere questi due aspetti: da un lato stupirci della piccolezza e dall’altro custodire il fuoco della Parola.