Espandere il fronte culturale e spirituale per pensare e costruire una diversa economia

di Renata Fabbri

Capita, al tempo di questa pandemia che assorbe preoccupazioni e scompagina paradigmi, di ritrovarsi a riflettere in maniera plurale sul tema della “leadership spirituale” cioè su due dimensioni – la politica e la spiritualità – che oggi appaiono inconciliabili. Un’occasione davvero speciale, una giornata di “alta formazione” sabato 28 novembre, propedeutica a un percorso di arricchimento che continuerà nel prossimo anno online, come s’addice oggi, per innescare una riflessione che porti a rigenerare il mondo del lavoro e delle istituzioni, a partire da una nuova consapevolezza e dalla dimensione interiore.

A promuoverla Ricostruire la Vita, un’impresa sociale ispirata agli ideali e alla spiritualità dei Ricostruttori della Preghiera, insieme ad altre realtà impegnate in un nuovo approccio all’economia e non solo come la no profit 4Change, Tutto è Vita Formazione, Horus Srl. Concentrati sulla sfida tecnocratica, abbonati a logaritmi che definiscono la vita, questo indagare sull’essenza e gli effetti (pure biologici) della spiritualità sulle nostre esistenze e sul governo del mondo, è un’incursione intrigante e sorprende sentir argomentare con forza, determinazione e freschezza politici, imprenditori, formatori, credenti, non credenti o diversamente credenti su benessere fisico, mentale, sociale e spirituale delle persone quale volano di transizione dalla crisi attuale a un mondo nuovo.

Ai leaders, e a quanti ricoprono funzioni di responsabilità, vengono richieste competenze nuove, tra le quali emergono: «l’empatia matura, la compassione, l’amore, il perdono, la capacità di rimanere connessi ai più alti valori della vita, la capacità di non anteporre il profitto personale al benessere collettivo, la capacità di comprendere che il proposito etico che l’impresa stabilisce è più importante dell’autocelebrazione dell’ego». Non c’è più un prima che può tornare, il mondo che abbiamo a disposizione è uno e dobbiamo averne cura. L’eredità lasciata dal mito della crescita illimitata graverà sulle generazioni future: l’unica possibilità di progresso, senza limiti, che consenta di comprendere le questioni essenziali, è espandere il fronte spirituale e culturale. E allora, il limite (contro l’onnipotenza dell’individuo), la cura (assunzione di responsabilità resa piena da una intelligenza calda) e la coerenza (dobbiamo essere il concetto che predichiamo), possono essere i valori sui quali confrontarsi e dare senso all’agire. La gentilezza, il perdono, la disponibilità, l’accoglienza, l’empatia, la gratitudine sono attitudini spirituali da coltivare perché fanno parte del nostro saper essere, sono il nostro bene–essere e fanno la nostra felicità. Ma sono anche il bene-essere e la felicità dell’altro, del mio prossimo. C’è bisogno della felicità che salva, di quella sublime capacità di meraviglia e di entusiasmo che irrompe dall’ambito spirituale, non necessariamente religioso, e che abbiamo anestetizzato. Non possiamo neppure fare a meno di una forte consapevolezza del dovere, da accompagnare a quei diritti cresciuti, negli ultimi anni, come se non ci fosse necessità di una proporzione di responsabilità. Oggi, in questo tempo sospeso, profondamente secolarizzato, privati delle nostre certezze, smarrito il senso della storia, dinanzi ad un’idea del limite evanescente, scopriamo che tutto è connesso, come ci ricorda papa Francesco. E sarà la tensione ideale, una profonda rigenerazione spirituale che arrivi all’essenza dell’umano, che renderà possibile realizzare quella rivoluzione etica e morale necessaria al buon governo, al bene della polis, al benessere di ciascuno. Espandere il fronte culturale e spirituale per pensare e costruire una diversa economia