Colomeiciuc: «Una nuova area metropolitana da Lucca a Prato sarebbe forte a livello globale»

di Dario Cafiero

Per analizzare questa crisi nella crisi del nostro territorio abbiamo coinvolto l’avvocato Alessio Colomeiciuc, per sei anni alla guida della Cassa di Risparmio di Pistoia e della Lucchesia fino alle sue dimissioni ed attualmente membro del Consiglio della nuova Camera di Commercio di Pistoia-Prato, in rappresentanza delle libere professioni.

Avvocato Colomeiciuc, in una sua riflessione è tornato recentemente sul “mito” dell’area metropolitana Firenze-Prato-Pistoia. Perché è ormai superato quell’ambito?

«Dobbiamo innanzitutto tener presente che, dopo l’adozione dell’Euro, in Europa si è venuto manifestando un dualismo fra una zona economicamente forte, a trazione tedesca, e zone con più deboli tassi di crescita. Questo dualismo si riflette nei singoli paesi e, per quanto riguarda l’Italia, vede sostanzialmente comprese nella zona ‘forte’ le regioni del Nord, fino all’Emilia Romagna. La Toscana, regione ai margini della zona’ forte’ e da tempo in difficoltà sul piano economico e produttivo, ha visto aggravarsi la situazione di stagnazione-recessione a seguito della grande crisi del 2008, che ha fatto emergere allarmanti disparità anche a livello intraregionale, tra il Capoluogo e le città ‘minori’ . Si è passati, in pratica, dalla celebrazione di una prospera ‘Toscana delle toscane’, all’evidenza di gravissime ed in parte inedite problematiche: calo demografico, riduzione di imprese e redditi, disoccupazione, paurosa crescita dell’ invecchiamento (Pistoia, ad es., è terra di iper-anziani, con 2,1 over 65enni per ogni ragazzo sotto i 14 anni), accentuazione delle disuguaglianze e via di seguito. In questo particolare contesto socio economico, la storica vocazione fiorentina alla ‘centralità’ ha trovato conferma nella legge Delrio, che ha identificato il territorio delle Città metropolitane (nel nostro caso Firenze) con quello della relativa Provincia. Non era difficile prevedere l’impatto che una simile drastica impostazione avrebbe avuto anche sul progetto, peraltro mai decollato in circa 70 anni, di una grande area metropolitana Firenze-Prato-Pistoia. Naturalmente, della critica situazione attuale non si può dar colpa a nessuno, ma è legittimo dubitare che il pur necessario e rassicurante ‘motore’ fiorentino sia, da solo, sufficiente a riportare l’intera Toscana sulla via di un vero e sostenibile sviluppo, non soltanto economico.».

Quali prospettive intravede per le politiche economiche di quest’area rimasta ai margini del “progetto fiorentino”?

«Penso che questi territori possano affrontare la formidabile sfida del cambiamento in atto, a partire da una nuova visione e da un diverso approccio al tema delle aree metropolitane. In pratica, perché dovrebbe esserci una sola città-area metropolitana in Toscana?

Se è vero che non sono bastati settant’anni per costituire un’area politico-economico sociale tra Firenze, Prato e Pistoia, è altrettanto vero che si è venuta progressivamente delineando, lungo l’Autostrada A11, un’altra realtà urbana e socio-economica con crescenti livelli di integrazione fra tre città ‘non metropolitane’, Prato, Pistoia e Lucca, le cui province hanno conosciuto, dal secondo dopoguerra, uno straordinario sviluppo.

Negli ultimi anni, queste realtà hanno, fra l’altro, visto unirsi le rispettive associazione industriali (Confindustria Toscana Nord) a difesa di un esteso settore manifatturiero ed industriale ancora forte e vivace, hanno visto l’unione fra le Camere di Commercio di Pistoia e Prato e la fusione di gran parte della varie associazioni di categoria. Da qui una inedita opportunità: lavorare al rafforzamento di una seconda area metropolitana a governance paritaria, operante a fianco di quella centrata su Firenze e con essa in costante collaborazione , per accelerare la trasformazione dei territori di Prato, Pistoia e Lucca in una aperta ed ‘ecologica’ piattaforma produttiva, commerciale e turistica, capace di competere a livello internazionale promuovendo innovazione, formazione e diritti. Una sfida certo molto difficile da affrontare, ma che nel medio periodo potrebbe riportare anche la Toscana periferica e ‘minore’ in quell’area economica europea ‘forte’ che oggi risulta ferma a Bologna».