La Fraternità apostolica di Gerusalemme interpella i parrocchiani per capire come stanno vivendo il tempo della pandemia

di Daniela Raspollini

Quali sono le preoccupazioni, le paure, le angosce della gente nel tempo della pandemia? La Fraternità Apostolica di Gerusalemme ha provato a domandarlo attraverso una lettera ai parrocchiani del centro storico in cui, accanto agli auguri pasquali, invitava i fedeli «a renderci partecipi di ciò che state vivendo e portate nel cuore affinché possiamo raggiungervi in qualche modo».

L’idea è nata dalle Sorelle della Fraternità, nella preoccupazione di mantenere un contatto con le persone. «Dopo le messe — spiega don Giordano Favillini — ci siamo resi disponibili per ascoltare la gente, per raccogliere situazioni. La risposta scritta è stata piuttosto buona, venire a parlare un po’ meno, ma forse il timore ha un po’ frenato. Tante sono le richieste di preghiera». «Il tempo della paura, della chiusura, — spiega Favillini — è un tempo favorevole per l’annuncio — che abbiamo iniziato e proseguiremo ogni sabato pomeriggio dalle 16 alle 17.15 in San Bartolomeo — però prima di farlo volevamo sapere come stavano le persone».

Ma cosa emerge dai biglietti arrivati alla Fraternità? «Le parole più ricorrenti che abbiamo letto sono “solitudine” e “angoscia”.

Questo ci ha impressionato molto e ci ha fatto riflettere su quanta sofferenza sommersa ha prodotto questo virus. C’è poi la triste constatazione che la solidarietà è molto carente. In questi foglietti, inoltre, si nota anche un generalizzato stato di paura». Una considerazione, dunque, emerge su tutto: «il tempo della pandemia ha chiuso in casa le persone e molte stanno vivendo oltre all’isolamento fisico anche una sorta di segregazione esistenziale, che genera solitudine, paura angoscia». Le risposte arrivano dalle risorse della fede: «molti si affidano a Dio e chiedono protezione, aiuto per

loro e per le loro famiglie. C’è anche — prosegue don Favillini — chi prega per la conversione di chi è lontano da Dio; ma tutti o quasi pregano perché finisca questo tempo difficile». L’iniziativa proposta dalla Fraternità Apostolica di Gerusalemme vuole essere un gesto di prossimità alla gente, «un segnale che qualcuno si occupa di loro, che la loro realtà interessa a qualcuno e che con l’aiuto del Signore si può andare oltre e non perdere la speranza. Si corre anche il rischio che chiudendosi troppo in casa, si perda il senso della realtà e ascoltando le notizie televisive si creino dei fantasmi inerenti al virus. Il senso di impotenza ci relega ancora di più in casa, in una sorta di ipnosi collettiva che toglie la lucidità e ci isola ancora di più». «Le persone — conclude don Giordano — hanno bisogno non tanto di aiuti materiali ma di dialogo, di fraternità di amicizia. Finito questo tempo speriamo che ci sia la voglia di stare più insieme, che insieme si cerchi l’essenziale; questo può realizzare la persona sia spiritualmente che umanamente».