Intervista a don Gianni Gasperini, direttore dell’ufficio pellegrinaggi Suggerimenti, passaggi ed eventi per tutto l’anno santo iacobeo

di Daniela Raspollini

Mettersi in cammino non è scontato. Chiede tempo, fatica, spirito di adattamento. Eppure, complice l’Anno Santo iacobeo, il numero di chi si mette in marcia è in continua crescita. Le motivazioni che spingono a farlo sono le più diverse. « Per una buona fetta di persone — spiega don Gianni Gasperini, parroco di Montemurlo e responsabile dell’Ufficio Pellegrinaggi Diocesano — la motivazione è spirituale, poi ci sono ragioni culturali o altro. Mi viene da dire che comunque durante il cammino uno è costretto a confrontarsi con la propria spiritualità anche se non è questa la motivazione principale che lo fa partire».

Don Gianni di cammini se ne intende, perché ha alle spalle diverse esperienze significative, come un pellegrinaggio a Santiago e un altro sulla via Francigena. Per chi si mette i cammino «alla fine — commenta— una delle motivazioni più forti è anche la curiosità. Una curiosità a tutti i livelli che permette di scoprire anche un’altra visione del mondo. Se cammini la distanza che percorri in mezz’ora di macchina ti chiede un giorno di tempo. E in questo tempo uno scopre la lentezza del soffermarsi sulle cose, perché a piedi le assapori tutte dall’inizio alla fine». Anche il vescovo, nella sua ultima lettera pastorale “La proposta di un cammino”, ha preso spunto dalle caratteristiche che accompagnano ogni viaggio per suggerire una riflessione centrata sul valore del pellegrinaggio, fisico e interiore. «Nella lettera pastorale, più che altro, — continua don Gasperini — mi colpisce il fatto che il vescovo comprenda il bisogno di un rinnovamento che le persone portano in sé. La pandemia ci ha messo nella condizione di ripensare modelli e schemi di vita. Sono tutti segni dei tempi».

Con l’allentamento delle misure di sicurezza, anche l’ufficio pellegrinaggi sta progettando nuovi ambiti di intervento. «Tante iniziative non si possono ancora fare al momento, però — anticipa don Gianni — sto preparando una proposta per ogni parrocchia, perché singoli o gruppi, a seconda dei vicariati, seguendo le cinque via di pellegrinaggio che portano a Pistoia, possano arrivare in Cattedrale. Una proposta che può valere anche per gli anni a venire. Al momento sono un po’ indietro, ma spero di aver pronto tutto per settembre». Nel corso dell’estate, tuttavia, sono già programmati alcuni appuntamenti: «in Agosto arriveranno a Pistoia alcuni pellegrini partiti dal Mar Baltico. Ci sono poi gruppi parrocchiali che arriveranno da fuori. Hanno saputo dell’anno iacobeo e non potendo andare a Santiago hanno deciso di venire a Pistoia; alcuni, per dare l’idea, verranno da Buccinasco ( Milano), Verona, Vicenza. E poi a settembre ci sarà il Giubileo dei giovani, con gruppi a piedi e in bici che arriveranno da diverse diocesi della Toscana » .

A chi si mette in moto le opportunità non mancano. La raccomandazione di Gianni sono anche molto pratiche: «Chi si mette in cammino ha bisogno di adattarsi a quello che si trova. L’ospitalità parrocchiale è molto semplice, non è un albergo. In ogni caso, per chi volesse saperne di più è possibile scrivere a: ufficiopellegrinaggi@diocesipistoia.it.

Alla rocca è di casa l’accoglienza

Anche in parrocchia don Gianni si è attrezzato per l’ospitalità realizzando un ostello nei locali della pieve di San Giovanni Battista alla Rocca di Montemurlo. Un’idea nata da un’esigenza: «Quella di trovare un luogo di accoglienza per chi viene da Prato a Pistoia così da permettere una sosta intermedia. Da Pasqua ad oggi ci sono stati tanti gruppi di pellegrini». Tra questi don Gianni ne ricorda uno: «penso a un ragazzo che veniva da Roma e che ha sostato alla rocca prima di arrivare a Pistoia. Nel suo viaggio raccoglieva informazioni per la realizzazione di un documentario. Quando sono andato su a spiegargli un po’ la storia della pieve, ha chiesto notizie sul paese, sul tessuto sociale di Montemurlo. “Faccio tante domande – mi ha detto – perché la mia non è solo una camminata. Voglio immedesimarmi con gli abitanti dei paesi che visito. Cercare storie, capire che cosa tiene insieme una comunità è quello che dà gusto al mio cammino”». All’ostello l’accoglienza è essenziale ma diversa dalle altre. Sulla scatola delle offerte che ho lasciato nelle stanze per i pellegrini — spiega don Gianni — ho scritto: “lascia ciò che puoi, prendi ciò che ti serve”. Se servono spiccioli o altro, i pellegrini possono prenderli. È un gesto di attenzione — conclude—, segno di un’accoglienza senza scopo di lucro. È l’accoglienza di Cristo e della Chiesa per chi si mette in cammino».