Il destino del pianeta passa dal radicale cambiamento degli stili di vita. Il nostro territorio conta alcune criticità. La pastorale sociale lancia il dialogo con le parti sociali ed economiche

di Renata Fabbri

La Chiesa italiana si è data appuntamento a Taranto nel prossimo ottobre con la 49esima Settimana Sociale per una riflessione su “il pianeta che speriamo”.

Dalla sua promulgazione, intorno l’enciclica Laudato si’, globalmente si è risvegliato un nuovo modo di stare insieme caratterizzato da forti domande sulla responsabilità e sui limiti dell’agire umano, e sulla finitezza delle risorse naturali. Sono temi di grande impatto sociale, e pure emotivo: richiamano interventi di esperti e influencer, hanno visto crescere movimenti, riempirsi piazze e salire alla ribalta nuovi protagonisti, non ultima Greta Thunberg.

L’Instrumentum laboris è il testo di accompagnamento per il percorso di avvicinamento a Taranto e «intende suscitare domande, coinvolgimento e cammino nelle comunità alla luce dell’Enciclica Laudato si’ e dell’Esortazione Apostolica Querida Amazonia ».

L’obiettivo «è quello di sensibilizzare in maniera unitaria alle tematiche dell’ambiente e del lavoro, prestando attenzione alle buone pratiche presenti nel territorio». La prospettiva dei vescovi nell’accostare queste problematiche, che includono anche la difesa della salute delle persone, «si distingue da quella che può essere una sensibilità ecologica alla moda, spesso anti-umanista: è animata, piuttosto, da una sensibilità ecologica ed ecumenica che attinge alla forza profetica dell’annuncio cristiano». Nessun credente, nel cammino di avvicinamento a Taranto, può tirarsi fuori: siamo chiamati ad interrogarci sul nostro agire, e sulla ricaduta che ha il nostro agire sulla vita della comunità, perché – come sottolinea Papa Francesco – tutto è connesso.

La Laudato Si’ ha un carattere fortemente sociale quando propone l’ecologia integrale: ci chiede di abitare lo spazio pubblico, ci interroga su che tipo di mondo vogliamo trasmettere ai nostri figli, ci invita ad una conversione verso quella generatività che si nutre di contemplazione e compassione.

Con le parole di Papa Francesco, contemplazione significa «regalarsi tempo per fare silenzio, per pregare» e «chi contempla impara a sentire il terreno che lo sostiene, capisce di non essere al mondo solo e senza senso. Scopre la tenerezza dello sguardo di Dio e comprende di essere prezioso. Ognuno è importante agli occhi di Dio, ognuno può trasformare un po’ di mondo inquinato dalla voracità umana nella realtà buona voluta dal Creatore. Chi sa contemplare, infatti, non sta con le mani in mano, ma si dà da fare concretamente».

E poi la compassione: «la nostra compassione è il vaccino migliore contro l’epidemia dell’indifferenza ». Però, dice il Papa: «non è un bel sentimento, non è pietismo, è creare un legame nuovo con l’altro. È farsene carico, come il buon Samaritano che, mosso da compassione, si prende cura di quel malcapitato che neppure conosce. Il mondo ha bisogno di questa carità creativa e fattiva, di gente che non sta davanti a uno schermo a commentare, ma si sporca le mani per rimuovere il degrado e restituire dignità. Avere compassione è una scelta: è scegliere di non avere alcun nemico per vedere in ciascuno il mio prossimo».

«L’incuria del creato – ammonisce Papa Francesco – e le ingiustizie sociali si influenzano a vicenda: si può dire che non c’è ecologia senza equità e non c’è equità senza ecologia». E l’uomo è in armonia con il creato: non più dominatore e approfittatore ma compartecipe e custode della creazione.

L’enciclica richiama alla finitezza delle risorse naturali, invita a riflettere e ad agire – prima che sia troppo tardi – perché si torni a guardare in faccia la realtà evitando le tentazioni di sfruttare tutto quanto il Creato mette a disposizione.

Perché l’invito alla Settimana Sociale abbia un suo riconoscimento locale, la Diocesi – per opera dell’Ufficio per la Pastorale Sociale e del Lavoro – nel percorso di avvicinamento a Taranto, ha sentito l’esigenza di un confronto più stretto sui temi dell’ecologia integrale calata sul nostro territorio chiedendo, ad un gruppo multidisciplinare di esperti, di lavorare per una riflessione che colga le emergenze e le peculiarità ambientali che caratterizzano l’ambito diocesano. Territorio vario il nostro: fortemente antropizzato nella piana e in fortissimo declino demografico nella parte montana. Entrambi gli aspetti si ripercuotono sui fragili equilibri ambientali che vedono un forte sfruttamento delle risorse naturali da una parte ed un processo di degrado del territorio sempre più evidente dall’altra. Per il debito che abbiamo verso le generazioni future l’appello alla responsabilità, l’invito a riflettere sui limiti alla presunzione manipolatrice dell’uomo, ci provoca come comunità ecclesiale e non può esimere da un cammino reale verso uno “stile di vita” conseguente e coerente, dove ognuno è chiamato a fare la propria parte.