Il regista Giuseppe Tesi parla del cortometraggio girato nella casa circondariale di Pistoia. Protagonisti i detenuti che si sono messi alla prova in una rivisitazione del lamento di Gesù morto

di Daniela Raspollini

«Ci sono più cose in cielo e in terra… di quante tu ne possa sognare nella tua filosofia..». A ragione, citando Orazio nell’Amleto, l’autore e regista Giuseppe Tesi racconta lo stupore che ha accompagnato Stabat Mater, un cortometraggio realizzato nella casa circondariale di Pistoia e che sarà proiettato lunedì 30 agosto alle 21.15 nell’Arena Cinema di Porta al Borgo a Pistoia.

Avviato come esperienza di laboratorio teatrale nel 2018, grazie alla collaborazione dalla dott.ssa Rosa Cirone e dall’attuale dirigente Loredana Stefanelli, l’anno successivo al regista è arrivata l’idea di sperimentare il salto dal teatro al cinema. 
L’inizio non è stato facile, a cominciare dalla risposta dei detenuti. «Era tanta la diffidenza iniziale — racconta Tesi —, infinite le resistenze. Molti interpreti si sono succeduti. Ne sono rimasti dodici: di diversa etnia, religione, provenienza. Un progetto ecumenico verrebbe da dire. Ma questi dodici si erano appassionati. Una sorta di reciproca seduzione. Sono grato soprattutto a due condottieri del gruppo, li chiamerò Abramo e Giobbe, nomi di fantasia che riconducono ad altre virtù. Giobbe vuole prendere un caffè con me quando esce. Ma quando lui uscirà, io probabilmente non sarò più». 

Il lavoro si ispira a un testo letterario intitolato “Madri” di Grazia Frisina, che — come esplicita il titolo del corto, rievoca il compianto della morte di Gesù da parte della madre. «Il testo mi era stato proposto da Claudio Rosati mesi e mesi prima. Lo trovai, a prima lettura, di difficile realizzazione. Confido — spiega Tesi — che ho cercato anche di proporlo ad altri colleghi, di allontanarmi da esso (se pur qualcosa mi diceva che poteva essere). Un testo ardito, complesso, alto e di difficile approccio. Un testo in versi che in venti minuti lo divori. Non era adatto per una rappresentazione teatrale. Non aveva i canoni del testo disteso che si usa in teatro. Qui devo fare una confessione: non sono io che scelgo i testi, sono loro che scelgono me. È andata così. Quando si è presentata questa occasione di girare un filmato in carcere ho proposto questo testo. Ero certo che non venisse accolto. Ne sarei uscito, riposandomi. Ripeto, non sono io che scelgo le opere. Sono il regista delle circostanze e del fato. Alla fine del giorno affermo sempre “se deve essere sarà. gettiamo le reti”». 

Perché la scelta è caduta su un testo del genere? «Lo Stabat è il dramma della apparente immobilità. In quell’istante pare non esserci possibilità alcuna per intervenire. Ebbene chi è più immobile di un detenuto?». Il carcere è una realtà separata, tutta maschile, eppure il tema del lavoro richiama una donna: Maria. «Sì, Pistoia è un carcere di detenzione maschile. Rispondo con una laconica riflessione. Il timore che hanno tutti gli uomini di fronte alla consapevolezza della loro finitezza e fragilità è, nell’ultima risposta salvifica, rintracciabile nell’afflato materno. Credo che la proposta di svolgere questo lavoro sia arrivata puntuale per me. Stavo elaborando ancora il lutto per la perdita di mia madre. È per questo che dedico questo lavoro a mia mamma. Mi ha insegnato l’affidabile speranza». 

La realizzazione del corto ha offerto la possibilità di sperimentare un intreccio sorprendente di relazioni e sensazioni. «Per alcune frazioni di tempo ognuno si è sottratto al proprio ruolo. La Dirigenza non era più l’austera presenza, la polizia penitenziaria non era più il severo guardiano, il personale sanitario non era più il pietoso soccorritore, i detenuti non erano più i detenuti, erano solo attori di cinema. Tutti gli altri solo staff. Questa esperienza, da cui esco arricchito, mi ha ancor più convinto di quanto l’arte e la cultura possano essere strumenti di elevazione e di riscatto». 

«La dignità — conclude Tesi —«è il primo elemento che deve essere cercato nell’espressione artistica. Ma l’altro aspetto che il gruppo di lavoro ha ricercato con molta umiltà, è stato il contatto con le emozioni e una risposta nei sentieri della speranza. E questa, a differenza della dignità, ha un respiro più ampio». Il corto (40 minuti, circa) è stato realizzato dall’Associazione Culturale Electra con la collaborazione di due attori professionisti, Melani Giglio e Giuseppe Sartori, con il patrocinio del Senato della Repubblica, della Regione Toscana e del Comune di Pistoia, ma anche grazie al sostegno di diversi finanziatori.

Lunedì 30, per la proiezione pubblica e a ingresso libero, sono previsti gli interventi di: Anna Maria Celesti, Vice Sindaco e Presidente della Società della Salute Pistoiese, Angela Venezia, Direttore Ufficio Detenuti e Trattamento Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria Toscana e Umbria; Mons. Mario Stoppani, Teologo.

Al termine sarà aperto un dibattito con il pubblico presente.