di Piero Bargellini

Il 2 settembre è il secondo anniversario della morte di Mons. Frosini e noi non possiamo dimenticare uno dei suoi capisaldi del suo pensiero: «la Politica (quella la P maiuscola) è la più alta espressione della carità cristiana».

Vorrei partire da qui per affrontare un tema un po’ dimenticato, parlando di immigrati e di pensioni. Il 10% della forza lavoro presente in Italia è costituita da immigrati che pagano contributi e tasse come gli italiani anche se non hanno gli stessi diritti. L’immigrato che supera i 20 anni di contribuzione ha diritto alla pensione anche se rientra nel proprio paese. Quello invece che non raggiunge i 20 anni e rientra in un paese non convenzionato con l’Italia, e sono la assoluta maggioranza, perde ogni diritto a ricevere la pensione anche se continua a lavorare nel paese di origine. Non solo, ma l’immigrato che raggiunge la pensione di vecchiaia anche con 20 anni di contribuzione, non ha diritto al trattamento minimo come ogni italiano. L’Inps si guarda bene dal divulgare notizie riguardo a quante persone non raggiungono i fatidici 1.042 contributi settimanali perché quei soldi rimangono nelle loro casse a beneficio sostanziale del sistema pensionistico italiano, cioè di noi che facciamo finta di nulla. In Africa c’è la sola Tunisia che ha una convenzione con l’Italia a riguardo, mentre in tempi passati abbiamo sollecitato e firmato convenzioni con i paesi che invece avevano una forte componente di immigrazione italiana, come Argentina, Australia, Uruguay, Usa e Venezuela.

I soldi degli immigrati dal Ghana, Nigeria, Senegal, ma anche delle badanti Ucraine, ce li teniamo stretti stretti e ci guardiamo bene dall’avviare alcun tavolo bilaterale per restituire a quei disgraziati ciò di cui avrebbero pieno diritto. Dunque come si chiama chi si trattiene una somma di denaro non sua? La politica che cosa intende fare in proposito oltre a sproloquiare anche sugli spaghetti all’amatriciana? Il politico che si dichiara cattolico saprebbe bene che cosa fare, casomai tralasciando la collezione di rosari considerati come amuleti e non strumento di intima preghiera. Qui torna la grandezza e l’insegnamento di Mons. Giordano Frosini.