Dalle conclusioni della Settimana Sociale di Taranto una sollecitazione forte per le comunità ad osservare con occhi attenti criticità, fragilità e vulnerabilità a noi prossime

di Renata Fabbri

Non un punto di arrivo: Taranto è soltanto la tappa di un percorso con un prima e un dopo, è un invito ad una ripartenza, all’immischiarsi in prima persona, dentro la prossimità che abitiamo, nei luoghi che frequentiamo, con le nostre competenze, le nostre esperienze, le nostre aspirazioni perché il grido che sale dalla Terra non può, non deve, cadere inascoltato. Siamo tutti chiamati a lavorare per “Il pianeta che speriamo” coniugando ambiente, lavoro e futuro perché le tante ferite sociali ed ambientali presenti si trasformino in feritoie di speranza. Con una consapevolezza: nessuna transizione ecologica, pur necessaria, sarà indolore.

Non siamo all’anno zero, ci sono esperienze di economia circolare che già sono proposte concrete: e quelle incontrate a Taranto lo sono davvero. C’è la necessità di superare la logica da start-up per avviarsi verso una messa a sistema delle buone idee perché è tempo di mettersi alla prova e dare gambe a buone pratiche diffuse. Il richiamo alla concretezza è stato forte e continuo, e trova espressione nel documento conclusivo della Settimana Sociale presentato in chiusura dei lavori dal Vescovo di Taranto Mons. Filippo Santoro.

Alla politica viene chiesto di indirizzare risorse verso le piccole imprese non quotate che corrispondano a precise caratteristiche di coerenza sociale e ambientale; accentuare il cambio di paradigma del codice dei contratti pubblici potenziando i criteri di sostenibilità ambientale; rimettere il lavoro al centro dei processi formativi; rimodulare le aliquote IVA per le imprese che producono rispettando i criteri sociali e ambientali minimi, oggettivamente misurabili.

Non siamo credibili se gli impegni si chiedono solo agli altri. Ed ecco che sono state consegnate alle parrocchie, a tutte le nostre parrocchie, quattro piste di conversione e generatività futura: la costruzione di comunità energetiche; l’impegno verso la finanza responsabile; il consumo responsabile; la proposta di alleanza presentata con il manifesto dei giovani intervenuti a Taranto.

Non ci salviamo da soli. L’opera creatrice di Dio potrà continuare se saremo in grado di essere rete in un’alleanza di saperi ma non potremo certo fare a meno, per realizzare buone pratiche, di un cammino di conversione personale prima che comunitaria.

Nel discorso pubblico è purtroppo assente il racconto di coloro che la realtà la stanno già cambiando. Spesso sono realtà minuscole ma già incamminate nella direzione giusta e sono vita, azioni e speranze presenti da valorizzare. Siamo tornati a casa con questo spirito e con la consapevolezza che occorra abbattere i muri e le barriere che mostrano il presente tutto grigio. Gli impegni, precisi e concreti, consegnati dalla Settimana Sociale di Taranto sono una sollecitazione forte per le comunità ad osservare con occhi attenti criticità, fragilità e vulnerabilità a noi prossime. Si può cominciare, se lo vorremmo, proprio dalle nostre parrocchie.