Il patriarca di Gerusalemme all’incontro dei vescovi di Firenze punta il dito sulle contraddizioni dell’Unione europea «Il Mediterraneo sia un laboratorio di dialogo tra paesi»

Un’Europa fragile ed impreparata quella che nelle ultime ore sta affrontando la crisi russo-ucraina con un fronte e un orizzonte di guerra sempre più cupo ed indefinibile. Una posizione netta quella espressa dal Patriarca Latino di Gerusalemme, monsignor Pierbattista Pizzaballa, con cui abbiamo parlato nelle ore della deflagrazione del conflitto. Un messaggio di pace ancora una volta tutto da costruire, come ribadito telefonicamente anche in questa occasione, e già lanciato dal Teatro Bolognini di Pistoia dove in occasione dell’ultima edizione de I Linguaggi del Divino, la tavola rotonda dedicata proprio al Mediterraneo e formata da monsignor Pizzaballa, dall’arcivescovo di Santiago de Compostella, monsignor Barrio Barrio, e dal presidente della CEI, cardinale Gualtiero Bassetti.

Monsignor Pizzaballa, nelle stesse ore della deflagrazione del conflitto in Ucraina a Firenze vescovi e sindaci del Mediterraneo si ritrovano per lavorare ad un percorso di costruzione di pace “dal basso”. Ha ancora senso il summit fiorentino o viene tragicamente superato dalla realtà contingente?

Il Mediterraneo è senza dubbio lontano dalla questione ucraina, tuttavia le connessioni ci sono. Il Mar Mediterraneo è pieno di navi militari russe e sempre sul Mediterraneo transitano la gran parte delle questioni energetiche su cui vertono gli equilibri internazionali e gli interessi economici con inevitabili riflessi sulla situazione che stiamo vivendo nell’est Europa e sul fronte russo- ucraino. Noi, come vescovi del Mediterraneo, oltre ad aver pregato e ricordato nella preghiera le chiese ucraine, a cui abbiamo mandato un nostro messaggio, abbiamo evidenziato ancora di più come sia necessario ritrovare un linguaggio alternativo a quello della violenza che in queste ore sta prevalendo. Dobbiamo superare i nazionalismi, talvolta alimentati anche da istituzioni religiose, facendo cedere loro il passo alla maggioranza delle varie cittadinanze, costruttive e positive.

Monsignor Pierbattista Pizzaballa

Nuovi assetti geopolitici, quelli che si stanno delineando in maniera distruttiva nell’est Europa, dove si assottigliano progressivamente gli spazi della diplomazia a favore dell’ennesimo ritorno alle armi. Quali sono, secondo lei, i margini del lavoro diplomatico internazionale?

Purtroppo emergono ancora le vecchie dinamiche che vedono avanzare di pari passo sia il lavoro diplomatico che quello della corsa agli armamenti. Certamente presto la diplomazia tornerà ad avere la sua parola, ma nel frattempo – come tragicamente avvenuto anche nel recente passato – l’uso delle armi crea quelle condizioni sui

territori per far sì che al momento del confronto diplomatico si possa avere l’ultima parola, quella più autorevole e decisiva. Si dovrebbe ricorrere ad altri strumenti, e non all’utilizzo delle armi, per cercare la soluzione: l’ascolto e le esigenze dei popoli dovrebbero essere le protagoniste.

Nell’evoluzione delle ultime settimane, ma in realtà anche allargando l’orizzonte temporale dell’analisi agli ultimi anni ancor di più se si pensa al contesto del Mediterraneo, emerge l’inconsistenza dell’Europa in quanto soggetto politico e, in maniera ancora più dirimente, quella dell’Unione Europea.

L’Europa è assolutamente impreparata, di più, possiamo dire che non c’è un’Europa comune dal punto della politica estera o di una politica di difesa. Se da un lato l’Unione Europea non vuole più, giustamente, sferrare nessun colpo, dall’altro deve essere altrettanto chiaro che chi, al contrario, ancora utilizza un linguaggio bellico, può benissimo non tenere in considerazione quelle che sono le dinamiche europee, che appaiono così fragili agli occhi della comunità internazionale.

Un’ultima domanda: per ricollegarci ancora una volta all’incontro dei vescovi e sindaci del Mediterraneo, oltre alle manifestazioni ed ai sit-in istituzionali, quali possono essere – in concreto – i passi che queste realtà territoriali possono portare per dare forza al messaggio di pace internazionale?

Non possono le realtà presenti a Firenze cambiare il corso della macropolitica internazionale, però possiamo lavorare a livello di territori, parlando proprio alle città ed alla cittadinanza, con le associazioni civili, religiose ed altre realtà dialoganti per costruire unitariamente occasioni di incontro e di dialogo. Con l’ascolto delle varie realtà, in un’ottica di sviluppo comune, riusciremo a lavorare assieme per far riemergere quegli anticorpi di resistenza alla guerra ed alla violenza che sono ancora presenti nella società civile.

Dario Cafiero / Michael Cantarella