Dopo la settimana sociale di Taranto continua la riflessione sull’attualità dei temi dell’ economia verde e transizione energetica da portare nell’agenda dei territori

Cosa significa vivere l’ecologia integrale nel nostro tempo? Che rapporto la lega alla sinodalità che Papa Francesco ci indica come stile di una Chiesa calata nella vita quotidiana delle comunità? Dopo l’esperienza della Settimana Sociale di Taranto dello scorso ottobre, intorno a queste domande, gli Uffici della Pastorale Sociale e del Lavoro delle Diocesi italiane sono tornati a confrontarsi durante il Seminario Nazionale svoltosi a Chiavari la scorsa settimana che ha visto sperimentare, in concreto, quella sinodalità che viene evocata ma che stenta ancora a prendere corpo.

Certi che questo sia il tempo in cui ciascuno di noi è chiamato a restituire profondità e spessore al cambiamento in atto, non ci è consentito rimanere semplici spettatori. In questa frammentazione postmoderna che impregna le comunità, dobbiamo allontanare il rischio di una fede separata dalla vita, di un culto separato dal lavoro.

La riscoperta della dimensione profetica che volge lo sguardo ai territori e ai giovani, deve essere alleata con la speranza: che non è semplice ottimismo, mito o utopia ma desiderio di mettersi al lavoro per quella trasformazione che impegna in prima persona e che richiede a tutti, prima di ogni agire, un atto di conversione.

La concretezza, un altro richiamo che è uscito forte, deve accompa- gnare il camminare insieme (sinodalità) della Chiesa, sulla stessa strada, per incontrare, ascoltare e discernere tenendo bene a mente i tre cartelli stradali suggeriti da Papa Francesco nel suo intervento a Taranto: attenzione agli attraversamenti; divieto di sosta; obbligo di svolta.

Stare nella storia implica un rapporto profondo e meditato con l’ecologia. E, tornando alle parole di Papa Francesco nell’enciclica Laudato Si’, con quella che lui chiama “ecologia integrale”: una visione che tiene insieme ambiente, ecologia umana, cambiamenti climatici, migrazioni, guerra, povertà, sistema finanziario da tradurre in buone pratiche nella nostra prossimità. Buone pratiche che già sono presenti nei nostri luoghi di vita e che occorre riconoscere, promuovere e valorizzare.

Nella Chiesa sinodale siamo invitati ad essere tutti protagonisti; siamo chiamati a far germogliare i sogni, a suscitare visioni, a far fiorire speranze, a stimolare la fiducia, a fasciare le ferite. Una sfida alta che chiama i laici, nello stile della sinodalità, ad una forte responsabilità e ad un impegno verso il prossimo, verso gli ultimi, verso le fragilità e le vulnerabilità. Per gli Uffici della Pastorale Sociale e del Lavoro un impegno ad essere luogo che riconosce, convoca e ritesse. Una missione e un dono che possiamo fare alla Chiesa, e che ci fa la Chiesa, per camminare insieme per il creato, per la giustizia e la pace.

Renata Fabbri