Piazza del Duomo in Pistoia, italy

Con l’ufficializzazione della ricandidatura del sindaco uscente Alessandro Tomasi ha di fatto preso il via la campagna elettorale per le amministrative di Pistoia, in programma a giugno.

La conferma di Tomasi segue di qualche giorno l’annuncio della candidatura nell’arco del centro sinistra di Federica Fratoni. Il quadro degli sfidanti non è ancora completo, ma gli aspiranti sindaci che con ogni probabilità si giocheranno Palazzo di Giano sono questi due. Una sfida che corre parallelamente su due direttrici: una prima più marcatamente politica e l’altra che guarda l’assetto della città, e della provincia, dei prossimi anni.

Il tasto politico, per quanto forse quello meno interessante, esiste: la crisi dei partiti e delle coalizioni a livello nazionale rimescola le carte anche nelle amministrative. Le alleanze, i rapporti di forza, addirittura gli approcci politici sono drasticamente cambiati in tutte le aree politiche che si presentano frammentate, rissose, diffidenti. Da metà degli anni ‘90 la “pax civica” delle amministrazioni – sostenuta dall’unico sistema elettorale che nel corso degli anni abbia dato segni inequivocabili di estrema funzionalità e garanzie di stabilità (e per questo probabilmente sempre accantonato per la riforma elettorale nazionale) – aveva garantito una certa mobilità dei sistemi politici locali in favore delle esperienze del civismo, della partecipazione dal basso, e quindi, una espressione meno divisiva dei sindaci e dei rappresentanti. Le ultime tornate elettorali hanno di nuovo messo in luce una certa polarizzazione delle scelte e una oggettiva radicalizzazione dello scontro già all’interno degli stessi schieramenti, tanto da rendere difficile comprendere, quasi fino al momento dell’ufficializzazione delle liste, gli esatti confini dei vari perimetri coalizionali: in tal senso anche le elezioni del 2022 paiono seguire questo stesso schema. Anche oggi infatti si mostrano le prime avvisaglie di questo modus operandi che rischia di spostare l’attenzione sulle liste a discapito dei veri problemi del territorio, soffermandosi su vacui sofismi di cui Pistoia non ha proprio bisogno.

Invece il tema del territorio è centrale. Ed è fondamentale anche al di là delle letture economiche e sociali che gli si vuol dare. Pensare alla Pistoia del futuro è molto difficile: è bene dirlo, ci sono delle città e dei territori che sembrano avere più carte da giocare. E questo perché la lettura di sviluppo che si è affermata nel tempo è molto chiara. Esempi? La vocazione industriale di Prato e Lucca e di alcune aree interne come il Comprensorio del Cuoio o i distretti di Firenze; l’imprinting turistico di Siena e della costa, con tutte le sue contraddizioni. L’hitech e i rapporti tra artigianato, industria avanzate e centri di ricerca di Pisa, ma anche della stessa Firenze.

Collocare Pistoia nel quadro di sviluppo regionale è invece molto complicato, perché è semplicemente più poliedrica. Vive di artigianato e commercio, di un forte e attrezzato indotto industriale garantito da Hitachi e dalla green economy dei vivai, di un territorio bellissimo, ricco di storia, cultura e risorse, secondo veramente a pochi. Vive di servizi sociali e di prossimità, di volontariato e di associazionismo e spirito combattivo. Trovare una misura adeguata a questo mix di ingredienti è forse la sfida più difficile per Fratoni e Tomasi e le forze che li sosterranno. Proprio per tutte queste sfide immaginarsi la Pistoia del 2027 non può essere solo un esercizio da dibattito politico, ma è una radicale diagnosi sociale e politica che tutti noi siamo chiamati a fare.

Dario Cafiero, Michael Cantarella