Dentro la casa “Ginetta Gori” che ospita giovani donne che vivono momenti di difficoltà

Madri si diventa e non soltanto perché si è dato alla luce un figlio. Crescere un figlio, essere la sua mamma può non essere né chiaro né facile, specialmente quando la vita è complicata da errori e ferite. Alla Casa Ginetta Gori di Pistoia di storie difficili ne hanno viste tante. Qui sono accolte giovani mamme in difficoltà che trovano un alloggio protetto e un team che si prende cura di loro e dei figli.

«L’obiettivo — spiega Valentina Giacomelli, educatrice responsabile del coordinamento della struttura — è quello di cercare di capire chi sono le ragazze e i bambini che arrivano, quali storie e quali sofferenze si portano dietro, come aiutarle e quali risorse hanno per aiutare al meglio a ricostruire una vita autonoma. Se sono straniere il problema principale è la lingua, se italiane il problema è complesso, perché di solito ci sono difficoltà aggiuntive con le relazioni, con le famiglie». «Noi operatori — aggiunge Giacomelli — diventiamo spesso il “pungiball” di queste ragazze che riversano su di noi tutte le amarezze, la tristezza, le ferite, anche le loro difficoltà psichiatriche».

Eppure, oltre le difficoltà, è possibile cambiare sguardo e aiutare a ritrovare se stesse e una strada. «Occorre guardarle come Cristo e come Cristo crocifisso, con ferite interiori devastanti. Talvolta sono quelle le più gravi, anche se nel 90 per cento dei casi le donne che arrivano alla casa famiglia hanno subito violenze familiari. A volte hanno ferite emotive che, trascurate nel tempo, sono diventate problematiche psichiatriche. Alcuni sono problemi che – spesso per situazioni di indigenza o fragilità —non sono mai stati curati o accompagnati. Noi — Conclude Giacomelli — facciamo quel che possiamo, cerchiamo di mostrargli un’altra via, di speranza, più luminosa». «Una volta — racconta Giacomelli — di mamme vittime di maltrattamento domestico non ce n’erano tante, ora invece sono la maggior parte. Ho l’impressione che non sia aumentata la violenza, ma che il problema sia emerso.

Una delle emergenze che oggi si vede è un impoverimento dei rapporti tra genitori e figli. Il pensiero che comprargli un gioco in più faccia la felicità del figlio, piuttosto che passare del tempo con lui è molto diffusa e invece c’è bisogno di spendere del tempo, del gioco, dell’ascolto». «Poi c’è l’idea che non vadano mai corretti o aiutati a discernere; quello che vogliono glielo diamo. Un atteggiamento che non è figlio della volontà di dargli tutto per amore, ma della fatica di dover dire di no, di educarli. Ci siamo noi, è vero, ma il bambino vuole l’attenzione della mamma, si aspetta delle consolazioni dalla mamma ».

Un traguardo difficile per le giovani mamme della Ginetta Gori, ma anche per chi è chiamato a sostenerle: «è stata una grossa difficoltà capirlo. A volte credi di poter dire aggiusto io, fo tutto io e invece… ci sono i limiti, l’incapacità di risolvere certi problemi». «Ad oggi – prosegue – abbiamo quattro mamme e quattro bimbi, due straniere e due italiane. Da un bel po’ di anni c’è questo equilibrio. La novità però, è che i bimbi, spesso sono figli misti» nati da genitori di diversa nazionalità o provenienza.

«Pensando che maggio è il mese della mamma e anche il mese dedicato a Maria, mi viene da dire che il rapporto tra queste mamme e i loro bambini chiede di rimettere al centro l’importanza delle loro emozioni e dei sentimenti. Occorre rimettere al centro l’elemento spirituale, per dire la realtà profonda della persona, per andare oltre la superficialità del mondo di oggi».

Daniela Raaspollini