Sessantacinque anni di servizio ministeriale per don Giorgi e don Benesperi

Storie diverse, percorsi di servizio alla Chiesa partiti o arrivati lontano, il ricordo di tanti volti e comunità custodite nella memoria e nella preghiera. Gli anniversari sacerdotali aprono ogni anno una finestra sulla storia della Chiesa diocesana lasciando cogliere quella ricchezza (e grazia) presenti nel presbiterio che a volte rischiamo di dimenticare o addirittura di non riuscire a scorgere.

Quest’anno la Chiesa di Pistoia celebra due 65° anniversari di sacerdozio: don Enzo Benesperi e don Antonio Giorgi, entrambi ordinati presbiteri il 29 giugno 1957 e tre venticinquesimi di ordinazione: quello di don Sebastien Nawej Mpoi, di don Wieslaw Pudlo e don Petre Iancu.

I loro anniversari saranno ricordati per la solennità dei Santi Pietro e Paolo, mercoledì 29 giugno alle 18 in Cattedrale con una messa presieduta dal vescovo Tardelli.

Sessantacinque anni di ministero sono tanti, e don Antonio Giorgi (89 anni) fa un po’ di fatica ad andare ancora più indietro, al momento in cui, giovanissimo, ha avuto più chiara la chiamata del Signore, pur nella consapevolezza di un punto fermo: «posso dire che è stata per me determinante la testimonianza di don Raffaello Giunti che nel 1945 era cappellano ad Artimino. Il suo esempio di vita sacerdotale mi ha colpito molto e così ho voluto diventare sacerdote». Attualmente don Giorgi è a riposo e un po’ affaticato dagli acciacchi dell’età, ma «quando posso — spiega — celebro la Messa con l’aiuto di un diacono». «Sono stato parroco anche in altre parrocchie: a Casalguidi e le Grazie, a Santa Cristina in Pilli per molti anni, poi mi sono ritirato ad Artimino». «Nella parrocchia di Santa Cristina in Pilli ho cercato di restaurare gli ambienti e di fare i lavori necessari per la manutenzione della chiesa. È una comunità piccola: circa 1200 persone. Nella mia parrocchia, ad Artimino, non si sono formati gruppi. L’unico gruppo che c’è è quello dei fedeli: siamo infatti una grande famiglia, il gruppo “parrocchia famiglia” ». Dopo tanti anni di servizio per don Giorgi l’invito è semplice e chiaro: «seguire la Chiesa e rimanere sempre fedeli a Cristo».

La fedeltà a Cristo ha portato don Enzo Benesperi (88 anni) molto lontano da Pistoia, fino in Brasile, dove ha vissuto per trent’anni. «La scelta di andare in Amazzonia come sacerdote fidei donum è stato senza dubbio per me una grazia, un dono che ha segnato profondamente la mia esistenza umana e presbiterale. Il sorgere di questa vocazione è

stata frutto dei tempi straordinari che vivevano allora l’umanità e la Chiesa. I poveri stavano irrompendo nella storia come protagonisti, soprattutto in America Latina. Il Vaticano II aveva risvegliato nella Chiesa un profondo desiderio di fare proprie le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini, soprattutto dei poveri. Pertanto è stato facile farsi sedurre dalla prospettiva di mettere la propria vita al servizio di questa vicenda di liberazione degli “scarti” dell’umanità. E poi in Amazzonia c’era il richiamo di carissimi amici, come don Cesare Florio, don Umberto Guidotti e Nadia Vettori».

Dopo trent’anni in Brasile don Enzo è tornato profondamente arricchito: «I poveri della Chiesa Amazzonica mi hanno insegnato a leggere la Bibbia e il Vangelo dall’angolatura degli ultimi, mi hanno insegnato a legare il testo biblico alla vita, alle preoccupazioni del popolo, per fare una lettura comunitaria. L’Amazzonia, come ha scritto don Umberto, mi ha fatto incontrare l’ecce Homo, i volti degli hanseniani, i volti dei contadini senza terra, degli esclusi, degli abitanti delle grandi e poverissime periferie di Manaus».

E oggi cosa vorrebbe consegnare alla Chiesa di Pistoia? «Gratitudine senza limite! Non posso non ringraziare le comunità parrocchiali dove ho svolto il mio servizio: sono stato cappellano a Quarrata, parroco all’Abetone, a Valenzatico, Seano, Spedalino Asnelli e Stazione di Montale. Ho trovato persone veramente buone; si può dire i santi della porta accanto, come afferma papa Francesco. Ho avuto la fortuna di incontrare persone che hanno reso bello e continuano ancora a rendere bello e gratificano il mio ministero di “tappa buchi”»

don Wieslaw Pudlo a Capraia

Vocazioni nate oltre cortina e donate alla Chiesa di Pistoia

Per don Petre Iancu, nato in Romania 53 anni fa, la vocazione è arrivata con la fine del Comunismo e della dittatura di Ceausescu. «Vengo da Luizi-Calugara, presso Bacau, una grande comunità animata dai francescani conventuali. Qui sono nato e cresciuto, qui sono stato educato alla vita cristiana dai frati francescani, che allora non potevano mostrare il loro abito perché la vita religiosa era proibita dal Comunismo ed era consentito solo il ministero dei preti diocesani. Nel 1990 ho rinunciato al servizio militare e mi sono arruolato …nell’esercito di Cristo entrando nel Seminario Francescano». Caduto il regime anche la vita religiosa tornava ad esprimersi, pur con fatica: «la casa di formazione era stata aperta da allora in un paesino chiamato Nisiporeti, in locali improvvisati, dove prima c’erano le stalle per le mucche e per gli animali. Eravamo i primi seminaristi dopo tanti anni di Comunismo: 60 ragazzi di categorie sociali ed età diverse». Il 22 giugno 1997 è arrivata l’ordinazione sacerdotale nella città di Roman. Dopo aver prestato servizio a scuola e in parrocchia, si è dedicato alla pastorale giovanile francescana, prima in Romania e poi in Italia, nella provincia d’Abruzzo. Dal 2002 don Petre è passato dalla vita religiosa a quella diocesana, svolgendo l’ufficio di parroco a San Marcello, poi a Piteccio e oggi al Belvedere.

Per don Wieslaw Pudlo (50 anni), originario della Polonia, la vocazione è nata durante l’infanzia: «mi affascinava il servizio liturgico all’altare. Perciò dalla Prima Comunione ho iniziato di fare chierichetto. Lo facevo anche nei giorni feriali, spesso in occasioni come il primo venerdì o il primo sabato del mese. Mi piaceva sempre stare vicino all’altare e dare lode a Dio. In sei anni di Seminario mi è piaciuto tanto lo studio della filosofia e della teologia, ma in particolare mi appassionava la Sacra Scrittura. Sono stato ordinato il 7 giugno 1997 in Polonia». Dopo quattro anni di servizio ministeriale nel suo paese don Pudlo è approdato in diocesi, dove svolge servizio a Capraia fiorentina da 21 anni. «Il sacerdozio — commenta — è un grande dono di Dio che noi portiamo in “vasi di creta”. Il mondo, l’uomo, ha sempre bisogno del sacerdote che è preso dalla gente e mandato alla gente per portare Dio. Quando il sacerdote celebra i Sacramenti infatti, Dio scende sulla terra e si fa vicino a noi. Il prete ha una grande dignità ma anche un’enorme responsabilità. San Francesco d’Assisi diceva: “Se incontrassi un sacerdote e un angelo, prima saluterei il sacerdote e poi l’angelo”. Il sacerdote è un “portinaio” che ci dischiude le porte del sacro. Diceva San Giovanni Vianney che nè gli angeli, nè la Madonna possono assolverci dai nostri peccati, invece il più semplice prete lo può fare».

Don Nawej Mpoi: «In corsia accanto ai malati di Covid»

Don Sebastien Nawej Mpoi arriva dal Congo. Da 25 anni è presbitero per la Chiesa di Pistoia. «Sono un prete semplice: ho svolto il mio servizio pastorale prima a Campiglio, poi a Piazza e dopo sono stato chiamato dal vescovo Bianchi a guidare la comunità di San Sebastiano». Oggi don Nawej Mpoi è parroco alla Vergine: «una parrocchia viva e ricca di carismi».

«Oltre al mio impegno in parrocchia svolgo il mio servizio di cappellano all’Ospedale di San Jacopo, e vivendo lì ogni giorno il mio ministero mi trovo ad affrontare situazioni di dolore. In special modo al tempo del Covid ho dovuto condividere la croce assieme ai malati gravi in situazioni davvero

toccanti. Sono presente nei reparti per la visita agli ammalati per portare una parola di conforto».

E se dovesse descrivere in poche parole la sua vita sacerdotale? «Direi semplicemente così: vivo ogni istante il mio ministero per il Signore e per gli altri».