«In Ucraina sono in arrivo ancora molte armi: la fine del conflitto è lontana»

Parlare di giustizia e pace di questi tempi con Nello Scavo, dal 2001 reporter internazionale per Avvenire, significa poter avere a che fare con un giornalista che ha vissuto i conflitti dell’ultimo trentennio in prima linea. Un’esperienza che da cronista giudiziario si è estesa al racconto dalle trincee delle tantissime “zone calde” del globo raccontando i conflitti che imperversano dalla Libia alla Somalia. Per questo l’appello della 29° marcia della giustizia di Quarrata – “Fermiamo tutte le guerre” non poteva che accogliere anche la sua testimonianza.

La guerra, dopo gli anni pandemici, è tornata ad occupare le prime pagine dei giornali con l’inizio del conflitto in Ucraina, cosa manca per poter costruire una cultura della pace?

Purtroppo dopo una sorta di ‘infatuazione’ iniziale, lo stesso conflitto in Ucraina si è rapidamente spostato nelle pagine secondarie della maggior parte dei media. Si deve però far attenzione a distinguere due fasi: da un lato c’è il necessario bisogno di cessare il conflitto, successivamente e parallelamente è necessario costruire una vera e propria cultura della pace, molto più articolata e da coltivare quotidianamente. In sintesi la pace sarà da costruire solo quando le armi taceranno. Il mio timore è di arrivare solamente ad una illusoria cessazione delle ostilità, come è successo in tanti Paesi dove ci si è poi accorti che una vera pace non c’era mai stata. Occorre quindi parlare di pace come conquista stabile e duratura e non come opzione momentanea per sospendere i conflitti.

Com’è possibile allora iniziare a costruire la pace?

Come dimostra l’operato di don Luigi Ciotti e di Libera, la pace – come la giustizia – è una cultura individuale che non va solo in contrasto, ma va maturata e sostenuta attraverso la ricerca della verità. Bisogna avere la lucidità di riconoscere aggressore e aggredito, come sta succedendo in Ucraina, ed ancora di più dividere tra civile e militare. Questi sono passaggi necessari, per poter realisticamente costruire delle situazioni e delle comunità di pace e che possano vivere nella giustizia.

Viste le difficoltà del percorso verso la pace ed anche sulla base della tua lunghissima esperienza sui tanti fronti aperti nel mondo da tempo, come pensi possa realisticamente evolversi il conflitto russo-ucraino? Quali sono, a tuo modo di vedere, i prossimi sviluppi che possiamo attenderci?

Amaramente mi vien da dire che da un lato c’è così tanta voglia di pace che la notizia del conflitto è finita in secondo piano sui giornali, quasi come una resa vista l’impossibilità di arrivare ad una risoluzione in tempi rapidi. Una contraddizione che sottolinea, ancora di più, la necessità di una costruzione di una cultura di pace, soprattutto in un Paese come il nostro, purtroppo sempre presente nelle zone di guerra con la sua produzione di armi: non mi sono finora capitati fronti di conflitto dove non fossero presenti armi, o componenti, “made in Italy”.

Sull’evoluzione della situazione in Ucraina quello che sappiamo è che di sicuro ci sono ancora stanziamenti sull’invio di armi e la quantità di armi che sta arrivando sul territorio ucraino difficilmente permetterà un cessate il fuoco da entrambe le parti prima di questo inverno. Nei prossimi giorni, anzi, è possibile un’ulteriore intensificazione ad opera dell’aggressore, lo stato russo, che per primo ha progressivamente aumentato l’invio di armi sul fronte ucraino. C’è bisogno di avere una cognizione reale del conflitto sul campo prima di poter pianificare qualsiasi situazione negoziale tra le parti, arrivando a decidere da che parte stare.

Ugo Feraci