Nelle parole di Martine Bugiani il difficile contesto in cui operava la missionaria comboniana uccisa da alcuni terroristi islamici

«Ho sentito una suora che raccontava quanto accaduto. Diceva che i terroristi sono arrivati molto ben armati. Hanno cominciato a sparare, le suore sono fuggite, anche i due sacerdoti con loro. Suor Maria era al telefono con sua nipote. È stata uccisa con un colpo alla testa».

Suor Maria De Coppi aveva 83 anni e del 1963 era missionaria comboniana in Mozambico. Qui, tra i più poveri, in un paese stremato da un’infinita guerra civile, più recentemente segnato da due distruttivi cicloni e dall’insorgenza del terrorismo islamico, suor Maria aveva speso la sua vita, acquisendo anche la nazionalità mozambicana.

Martine Coletto Bugiani, non conosceva direttamente suor Maria: «forse l’abbiamo incontrata. Ma di suore ne abbiamo viste tante». In Mozambico Martine è stata tante volte per incontrare, conoscere, toccare con mano le difficoltà della gente e poi provare a dare risposte concrete attraverso progetti di solidarietà. «Con l’associazione “Amici dell’Africa di Casalguidi e Chiazzano” — spiega Martine — seguiamo adozioni a distanza, abbiamo costruiti tetti di chiese e scuole, comprato auto. Più che altro lavoriamo a Beira, un villaggio distrutto recentemente da un ciclone. Abbiamo molti amici italiani che lavorano lì. Altre attività le abbiamo in Congo e anche fuori dall’africa in Brasile. Il nostro impegno principale resta per il Mozambico, ma nasce sempre dal contatto diretto, dall’aver visto di persona le esigenze. Il presidente dell’associazione è don Gino Frosini, è lui che ci ha portato in Mozambico. Qui, a suo tempo, abbiamo collaborato anche con don Umberto Guidotti, quando prestò servizio missionario in quel paese».

Oggi però la situazione politica è complessa e molto pericolosa. «Alcuni padri comboniani nostri amici, come padre Leo e padre Daniel, mi hanno subito condiviso la notizia e le tragiche foto, come il discorso del vescovo di Nacala che racconta quanto è successo». Gli assassini di suor Maria sono estremisti islamici: «Dicevano — racconta Martine riportando la testimonianza di una suora attiva a Chipene — che ora è il momento di diventare tutti estremisti. Hanno bruciato la chiesa e fatto una strage. Hanno ucciso anche cinque bambini. La casa delle suore è stata completamente distrutta e hanno intimato loro di andarsene ». Per la violenza diffusa molti se ne sono andati. In una recente intervista la stessa Suor Maria testimoniava la presenza di 400 famiglie sfollate nella sua parrocchia. «Ci sono migliaia di persone in fuga — racconta Martine — e da diverso tempo, perché la guerriglia brucia, uccide, dà fuoco ai villaggi. Da Cabo Delgado i guerriglieri sono scesi guadagnando terreno. Ormai gli stranieri se ne sono andati».

«Molti — lo sosteneva anche suor Maria in un’intervista — affermano che la guerriglia è pilotata a causa del gas. Lì vicino è stata scoperta un giacimento importante». E proprio nel maggio scorso lo stesso Avvenire raccontava la guerra “a bassa intensità” che dal 2017 tormenta il Mozambico dove, proprio attorno a Cabo Delgado, multinazionali come la francese Total, l’italiana Eni, l’americana ExxonMobil, i cinesi con Cnpc si spartiscono giacimenti contesi da guerriglieri locali molto radicalizzati.

In questo scenario suore e religiosi restano accanto alla gente. «Le suore — racconta Martina — aiutano le famiglie, si preoccupano soprattutto di far studiare i bambini. In più seguono le mamme, insegnano l’igiene e il cucito, le portano ai centri di salute, sono un sostegno per le comunità». «A Nampula, vicino Chipene c’era anche un grande traffico di organi. Molti bambini erano stati uccisi per questo. Le suore comboniane avevano scoperto questi traffici. Oggi non se ne parla, ma crimini del genere sono ancora diffusi».

Ugo Feraci