San Valentino, innamorati «come Dio comanda»

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Giulia e Francesco raccontano la loro esperienza di coppia che educa in parrocchia all’amore cristiano

Sarà anche la festa più commerciale dell’anno ma San Valentino, ogni 14 febbraio, ricorda a tutti la bellezza dell’innamoramento e il mistero di due vite che si incontrano e “riconoscono”. Per chi crede il riferimento corre subito al matrimonio sacramentale, al “per sempre” di un consenso sorretto e cresciuto nella fede. Una scelta però, che nella fluidità del tempo presente si configura sempre più come un’opzione marginale, se non controcorrente.

La fede ha ancora qualcosa da dire sull’amore? Giulia (32 anni), insegnante attiva nella parrocchia di Masiano, sposata con Francesco (39 anni) è convinta di sì. «La fede ci ha aiutato perché ci ha fatto conoscere. La nostra storia di amore è nata durante un campo estivo con la parrocchia nel 2005. Insieme abbiamo vissuto il percorso di dopocresima e il gruppo giovani in parrocchia; la fede è stata un collante importante per la nostra vita di coppia ». «Secondo me — prosegue Giulia — la Chiesa ha da dire tanto sull’amore. L’amore non è un sentimento ma un modo di vivere. Ad amare si impara».

Giulia e Francesco hanno compreso l’esigenza di accompagnare i ragazzi alla “scuola” dell’amore. «Facciamo parte di un gruppo giovani parrocchiale e come coppia portiamo avanti da dieci anni un gruppo dopo cresima con ragazzi che ora hanno tra i 20 e i 25 anni». Nella loro proposta Giulia e Francesco hanno dedicato un ciclo di incontri «ai sentimenti, dall’amicizia all’amore, alla conoscenza di sé, per poi arrivare a confrontarsi su tematiche come le famiglie di origine, l’educazione dei figli, la fedeltà, gli scontri nella coppia. L’aiuto di esperti ha reso ancora più interessanti ed efficaci gli incontri». Oggi parlare del matrimonio sacramentale è ancora possibile e suscita comunque l’interesse dei più giovani. «Diverse volte — spiega Giulia — nei nostri gruppi sono state chiamate delle coppie a parlare. Una testimonianza di amore vissuto è sempre utile, suscita tante domande e riflessioni. I ragazzi hanno bisogno di testimonianze concrete».

«La formazione all’amore durante gli anni, nel nostro percorso di gruppo è uno dei temi che riscuote sempre più successo, perché riguarda tutti. Li prende, hanno sempre tante domande, porta al confronto». E se la società presenta spesso modelli non proprio edificanti non c’è da scoraggiarsi: «Molti ragazzi sono lontani dalla Chiesa, ma se l’insegnamento cristiano è proposto come una cosa vissuta, allora diventa una testimonianza che tocca davvero i ragazzi». Come fare a custodire e far crescere questa apertura? «Occorre avere un approccio non respingente, positivo, i ragazzi rispondono sempre bene anche quando sembrano molto lontani ». E spesso i ragazzi non hanno possibilità di ascoltar la voce della Chiesa o la forza viva del Vangelo «in nessun’altra occasione».

Oggi è facile sentirsi domandare “che differenza c’è tra la convivenza e il matrimonio?”, «a che serve sposarsi? ». «Io — spiega Giulia — direi che in quanto cristiani c’è una grandissima differenza, perché tra i due c’è la presenza di Dio. Non siamo più in due ma in tre. Crediamo che la nostra unione, benedetta da Dio, abbia “un aiuto” in più. Anche per chi non ha il dono della fede, credo che lo stesso matrimonio civile, nell’impegno preso davanti all’altro e alla comunità, nella promessa alla fedeltà e al rispetto, abbia un valore. E poi il matrimonio è anche un simbolo, qualcosa cioè, di cui abbiamo bisogno per vivere meglio la nostra storia, per ricordare e ricordarci ogni giorno cosa è davvero importante».

Daniela Raspollini