Presentazione della Lettera pastorale del vescovo per il triennio 2016-2019
Il nome scelto “orientamenti pastorali” è significativo. Non si tratta di un testo da recepire e attuare passivamente, ma piuttosto di un invito a mettersi in cammino sotto la guida dello Spirito.
Scopo degli orientamenti non è inventare alchimie pastorali o formule magiche, ma aiutare a trovare il Padre di misericordia il cui amore ci spinge a diventare fratelli capaci di condividere tra noi e con gli altri la gioia del Vangelo.
Gli OP si aprono con un’introduzione (n. 1-5) dove vengono presentati gli atteggiamenti spirituali necessari per camminare insieme, l’orizzonte verso cui ci muoviamo, il metodo e lo stile con cui vogliamo farlo.
L’introduzione (nn. 1-5)
Gli orientamenti partono da una constatazione: per un cammino comune è necessaria la consapevolezza della propria povertà. Questa santa umiltà è ciò che ci rende disponibili alla voce dello Spirito, ci mette in stato di ascolto e di domanda, ci predispone alla comprensione reciproca e alla collaborazione, al perdono, alla consapevolezza della complessità delle cose che genera pazienza, tenacia ed operosità.
L’orizzonte del cammino a cui siamo chiamati, prima che delle cose da fare, è la contemplazione di Dio Padre di misericordia, è il Dio che nei poveri ci parla e ci ammaestra, è lo scoprirsi fratelli, è la comunione tra noi che ci fa segno per il mondo della forza riconciliante del Vangelo.
Questi OP nascono dopo un anno di discernimento diocesano culminato nell’assemblea sinodale di novembre scorso. Da qui ripartiamo imparando un metodo e uno stile, quello della Sinodalità, che è soprattutto un modo di essere Chiesa a cui gli Orientamenti Pastorali ci spingono.
Nell’introduzione il vescovo ci ricorda l’importanza di ripartire da ciò che è fondamentale ed essenziale, costruendo con pazienza e senza furia, pietra su pietra, l’architettura delle nostre comunità cristiane, come la casa sulla roccia del vangelo.
Sono la povertà e la purezza di cuore delle beatitudini, il fondamento di questa ristrutturazione missionaria della Chiesa a cui ci chiama il Papa nell’Evangelii Gaudium e mons. Tardelli negli orientamenti pastorali.
La Chiesa non si riforma con i programmi e le strategie pastorali, ma con un cuore nuovo fecondato dallo Spirito.
Questi orientamenti pastorali sono un “programma aperto”, “un testo per un ulteriore lavoro” (4), così li definisce il vescovo, perché presentano delle indicazioni, delle suggestioni affidate alle realtà ecclesiali a cui è chiesto di discernere, a partire dagli OP, ciò che è più utile, più necessario, più urgente nella propria zona per realizzare la riforma in senso missionario della Chiesa.
Si tratta di un gesto di fiducia che affida alla responsabilità delle comunità cristiane la realizzazione degli OP e scommette sulla convinzione che in ognuno di noi ci sono risorse da mettere a disposizione per la missione del vangelo.
Questo carattere “aperto” degli orientamenti pastorali si manifesta nella scelta di anteporre all’attuazione pratica un tempo di “ricezione creativa” che va da gennaio a giugno 2016. In questo periodo il vescovo andrà nei vicariati a presentare gli orientamenti pastorali che poi saranno adattati e discussi dalle singole realtà.
E’ una scelta importante questa che il vescovo non suggerisce alla fine degli orientamenti pastorali, ma all’inizio, nell’introduzione, a significare che questo stile sinodale e partecipativo è già esso stesso attuazione del programma pastorale.
Il contenuto degli Orientamenti Pastorali
Gli OP sono divisi in tre parti:
1) Il Padre (6-10); I Poveri (11-15); 3) Una comunità fraterna e missionaria (16-18).
Ogni parte presenta l’indicazione di un segno dei tempi che ci rivela la voce di Dio che continua a parlare nella storia e nel mondo di oggi; segue uno sviluppo teologico e spirituale, infine l’indicazione di alcune proposte pastorali particolari per la nostra diocesi.
I segni dei tempi individuati sono:
1) “Il bisogno urgente di riscoprire la presenza di un Padre vero, misericordioso”.
2) “Il bisogno di riconoscimento e di relazioni sincere ed autentiche”.
3) “Una povertà che chiede speranza e vita”.
La prima parte: Il Padre (6-10)
L’invito fatto alle comunità cristiane in questa prima parte è quello di ripartire da Dio, dal Padre misericordioso. Si tratta di rimettere al centro della nostra vita cristiana l’ascolto e la contemplazione. Dobbiamo costruire un cristianesimo mistico, cercando di vivere sempre alla presenza di Dio, sia quando preghiamo, sia quando viviamo nel mondo.
Un cristianesimo contemplativo è, ricorda il vescovo, necessariamente in “uscita”, missionario, perché la contemplazione ci fa incontrare con lo sguardo di Dio dove scopriamo i fratelli, i poveri, i peccatori che Dio ama in modo indistinto.
La contemplazione del Padre ci rende “come il Padre” (Lc 6,36), per ricordare il motto dell’anno Giubilare della misericordia.
Questo bisogno di “spiritualità” autentica è stata una delle richieste più pressanti emerse dall’assemblea sinodale, che adesso il vescovo raccoglie articolandola in una serie di proposte concrete:
1) Riprendere la riforma liturgica
La liturgia sia una vera preghiera, partecipata, esperienza viva di Dio e di incontro con i fratelli.
In special modo l’eucarestia sia il cuore, la fonte e il culmine della vita cristiana.
Le comunità cristiane devono fare liturgie vive e partecipate; devono insegnare a pregare.
2) Promuovere e sostenere i Gruppi di Ascolto del Vangelo nelle famiglie.
L’ascolto della Parola nutre la vita di fede e deve essere un punto fermo nella vita dei credenti. L’ascolto deve produrre conversione e fraternità, per questo il vescovo auspica che i GdA si trasformino in comunità fraterne.
3) Rinnovare l’Iniziazione Cristiana
La riforma dei battesimi va sostenuta e continuata. L’iniziazione cristiana deve avere come obbiettivo quello di formare la mentalità di fede, di creare uomini nuovi in Cristo, capaci di testimonianza e di carità evangelica. E’ questo uno degli aspetti forse più condivisi ma su cui ancora non si trova una traduzione pratica efficace e condivisa tra parroci e comunità cristiane per un deciso rinnovamento. Sarà necessario accogliere seriamente questo invito perché se il percorso ordinario con cui la chiesa “inizia alla fede” non raggiunge il suo obbiettivo rischiamo di ridurre il cristianesimo ad un’etichetta o ad una cultura.
4) Formazione cristiana
Le comunità cristiane devono lavorare ad essere luoghi dove si “sta alla scuola del Vangelo”. Per questo è necessario non venire mai meno alla formazione pastorale e teologica, tenendo debito conto dell’importanza decisiva della dottrina sociale del vangelo.
Una particolare attenzione va data al sacramento della Riconciliazione come uno dei luoghi decisivi dove oltre il perdono e la misericordia si forma la coscienza cristiana.
La seconda parte: i Poveri (11-15)
Il vescovo ci invita a riconoscere nella povertà “il volto concretissimo di Dio”.
Nei poveri Dio ci fa scoprire di essere anche noi bisognosi e ci insegna a guardare il mondo con gli occhi degli ultimi e a costruire una chiesa povera e per i poveri.
I poveri ci insegnano il valore della povertà, l’importanza di stili di vita sobri, della condivisione.
Dobbiamo fare nostro lo sguardo del buon samaritano per accorgerci del bisogno dell’altro e delle nuove povertà di oggi, dalle migrazioni al grido della terra, casa comune, sfruttata e degradata dall’egoismo umano, da coloro che sono umiliati per il loro orientamento sessuale alla violenza sulle donne, dalla malavita alle dipendenze dal gioco e dalla droga, dalla solitudine degli adolescenti al dramma degli amori spezzati, da chi è in trepidazione per il lavoro o per la casa a chi soffre per l’abbandono e l’indifferenza.
La Chiesa deve cercare e interrogarsi sulle cause della povertà e cercare di cambiarle. La Chiesa deve aiutare, quando necessario assistere, ma deve anche stimolare le istituzioni e la politica alla giustizia e alla lotta alla povertà.
La testimonianza della carità non è un optional della vita cristiana, ma è essa stessa vangelo e missione, perché è il prendersi cura degli altri, il farsi loro vicini nei bisogni che rende il nostro annuncio credibile e veritiero.
Proposte pratiche
La costituzione della Caritas in ogni parrocchia, la diffusione dei centri di ascolto, l’utilizzo dell’Osservatorio delle povertà.
Diffusione in Diocesi del progetto Policoro impegnato a far incontrare giovani, vangelo e lavoro.
Il progetto per la casa della Caritas diocesana deve essere sostenuto, fatto conoscere e diffuso.
Il vescovo esorta a far conoscere di più le numerose opere sociali diocesane dove è importante rinnovare l’apporto di volontariato e in particolare dei giovani.
Infine una proposta importante è quella di un “hospitium”, una casa della carità. In ogni parrocchia o zona pastorale accanto ai luoghi di preghiera ci dovrebbe essere anche una “casa della carità”, un luogo di accoglienza, di coordinamento del servizio della carità. Una proposta questa che potrebbe ingenerare nuovi dinamismi ecclesiali e allo stesso tempo ci aiuterebbe ad utilizzare in senso missionario alcuni dei beni ancora a disposizione della Chiesa.
La terza parte: “una comunità fraterna e missionaria” (16-18)
Dalla contemplazione del Padre ci scopriamo fratelli e sorelle. La dimensione fraterna della Chiesa è una sua dimensione costitutiva. Imparare ad andare d’accordo tra noi, accogliersi, volersi bene non sono esortazioni, ma esigenze che nascono dal Vangelo.
Il battesimo, che ci costituisce figli, è il fondamento dell’impegno missionario di ogni cristiano nella Chiesa, chiamati a fare del mondo uno spazio di vera fraternità (Gaudium et Spes).
Gli OP insistono sul fatto che “la comunità fraterna dei discepoli del Signore” è missionaria per sua natura, è Chiesa in “uscita”.
Occorre una radicale riforma missionaria delle parrocchie e della chiesa particolare, capace di produrre relazioni umane ispirate al Vangelo che favorisca l’incontro e il dialogo con tutti.
Una riforma che punti sull’essenziale, sul primo annuncio, sul kerygma, che abbia il primato della testimonianza della carità e che imposti tutta la pastorale in stile missionario.
Proposte particolari
1) Verifica in senso missionario delle parrocchie.
Qui si accenna a due aspetti interessanti:
- a) Andare incontro agli altri e il dialogo tra i credenti e con gli abitanti del territorio. Il dialogo e la cultura dell’incontro sono vangelo, ci dice il vescovo.
- b) Un secondo aspetto è la proposta di creare equipe missionarie per “il primo annuncio”, cioè cominciare a pensare a come fare a riannunciare il vangelo nei nostri territori, costruendo comunità di evangelizzazione.
E’ una scommessa che poggia sulla convinzione che la missione non è solo e non è tanto un servizio che facciamo agli altri, ma l’occasione che diamo a Dio di evangelizzare noi stessi.
2) Parrocchie in alleanza
Il vescovo esorta a pensare il cammino comune e la collaborazione tra parrocchie non come una riforma burocratica o come una risposta alla scarsità di clero, ma piuttosto come testimonianza dell’unità dei discepoli in ordine alla missione.
E’ anche un principio di condivisione tra parrocchie che permetterà, se ben vissuto, di arricchire reciprocamente le comunità parrocchiali. E’ necessario però, riconosce il vescovo, non improvvisare, ma costruire percorsi di formazione alla collaborazione e all’alleanza parrocchiale.
3) Formazione dei laici
E’ necessario, anzitutto, aiutare i cristiani laici a formarsi a vivere Cristo nel mondo.
Importante è il ruolo dei movimenti e aggregazioni laicali e in special modo dell’Azione Cattolica che va fatta conoscere e promossa nelle parrocchie.
La formazione dei laici ai servizi pastorali intra-ecclesiali è necessaria sia per valorizzare i carismi e i ministeri, sia nel progetto delle parrocchie in alleanza.
E’ necessario lavorare di più sulla corresponsabilità dei laici che non sono solo collaboratori, ma partecipi a pieno diritto, in forza del battesimo, della missione della Chiesa.
4) La pastorale giovanile
Occorre lavorare ad un progetto comune diocesano che colleghi il percorso dell’IC alla pastorale giovanile e all’iniziazione cristiana. Viene proposto un cammino continuativo dal battesimo alla gioventù, allo scopo di costruire giovani capaci di scelte evangeliche.
Occorre curare la formazione e l’individuazione di animatori capaci di paternità e maternità, perché le persone contano più dei programmi.
Bisogna credere alla forza della missione immaginando che i giovani stessi possano diventare missionari di altri giovani.
La richiesta di matrimonio delle giovani coppie è un’occasione preziosa di incontro da vivere con spirito di accoglienza che ci dà l’occasione di accompagna le persone all’incontro con Cristo. Occorre, però, lavorare a percorsi post matrimoniali per le famiglie e in modo speciale per le giovani coppie di sposi.
Conclusione
Questi orientamenti pastorali non dicono tutto quello che si fa o che si potrebbe fare nella Chiesa, tracciano però uno stile: quello dell’ascolto, fiduciosi che Dio continua a parlarci nella storia, negli altri, nei vicini e nei lontani. Un ascolto fatto di preghiera autentica. Un ascolto che parte dalla contemplazione del Padre misericordioso nei cui occhi ci scopriamo figli e fratelli, poveri tra i poveri, peccatori tra i peccatori, ma poveri e peccatori amati e riconciliati che fanno del dono della fede un germe potente di fraternità nella Chiesa e per il mondo.
Dalla contemplazione nasce la missione e si generano i cuori capaci e desiderosi di condividere con gli altri la gioia coinvolgente del Vangelo.
Ascolto, missione, condivisione e fraternità, sono queste le parole con cui desidero sintetizzare questi OP che adesso sono affidati a noi e alle nostre comunità.
Maria, madre dell’umiltà, ci insegni la docilità allo Spirito, la perseveranza nella preghiera, l’umiltà che tutto vince, rendendo possibile l’impossibile.
don Cristiano D’Angelo