Lucca – S. Maria a Colle – 6 agosto 2016 (+3 agosto)
Carissimi Collesi, quanta fatica, ve lo potete immaginare, per me a parlare qui stasera davanti a voi e in questa dolorosissima circostanza. E’ una specie di scherzo che mi ha fatto Mansueto, uno di quelli che ti fanno proprio gli amici più cari.
Finalmente è tornato a casa. Possiamo dire così. Lo ha desiderato. Me lo ha detto a voce, me lo ha scritto nel testamento. Del resto, quante volte, anche in passato, mi aveva ripetuto un detto trasmessogli da sua madre – voi la ricordate bene la sua mamma, una donna forte, di quelle di una volta, sigaraia senza peli sulla lingua, con una fede semplice e salda come la roccia – “quando si fa sera – questo era il detto – è l’ora di tornare a casa” Così si è verificato. Solo che la sera forse è venuta un po’ troppo presto. E ora Mansueto è qui, in mezzo a voi, suoi amati collesi, ai piedi di San Cataldo.
In questi ultimi giorni si è compiuto un viaggio a ritroso quanto mai significativo. Siamo partiti da Roma, luogo della sua ultima missione, il luogo della sua passione e morte ma anche della sua risurrezione nella contemplazione del Volto del Padre. Da Roma, come da Gerusalemme, seguendo le indicazioni del nostro amico e fratello, siamo tornati qua a Lucca e a Colle in particolare, come in una ideale Galilea, là dove tutto è cominciato. E’ il cammino che fecero gli apostoli, dopo l’evento della passione, morte e risurrezione del Signore. Siamo tornati a ritroso verso le radici, nel luogo da dove tutto è iniziato. E questo percorso all’indietro ci ricorda almeno tre cose importanti. La prima è che tutto è grazia; tutto proviene dalla libera iniziativa di Dio. Tutto scaturisce dal suo amore misericordioso, dalla sua santa e amorevole volontà. Mansueto, questa cosa l’ha anche scritta a chiare lettere, in rosso, in calce al suo testamento: “Alla fine rimane soltanto la Misericordia di Dio”. Io aggiungo soltanto, che tornando qui dove tutto è cominciato, si capisce che la Misericordia di Dio non è soltanto ciò che rimane ma anche ciò che precede, che fonda e origina tutta la nostra vita.
La seconda cosa che questo ritorno a Colle ci ricorda è che Dio non si fa mai intendere nell’astrattezza di un’idea, di una fantasia, di un pensiero, bensì nel concreto di una storia, di un luogo, di uno spazio, di un tempo preciso, dentro circostanze e situazioni concrete. L’avventura cristiana non è una favola che nasce e si consuma nel mondo delle idee ma storia concreta, incontro di persone, fatti e volti dentro i quali si rivela la presenza e la chiamata di Dio.
Infine, questo ritorno a Colle – in questa ideale Galilea dove tornarono i discepoli dopo gli eventi pasquali – ci ricorda che il ritorno non è per fermarsi ma per partire in missione. Per il nostro caro Mansueto da qui inizia una nuova missione: quella di accompagnarci nel cammino della vita. Per noi tutti, mentre consegniamo alla terra le spoglie mortali del nostro fratello – sappiamo bene che dobbiamo ripartire, ognuno per la sua missione, quella che il Signore gli ha affidato, augurandoci di poterla condurre a buon termine come ha fatto il nostro amico.
Carissimi collesi, quanti ricordi in questo momento salgono al vostro cuore! Da amico di Mansueto so bene quanto gli erano cari questi luoghi, questa gente, voi. Qui Dio lo ha chiamato all’esistenza. Qui ha mosso i primi passi e ha cominciato a conoscere il Signore alla scuola dei genitori e di don Pio. Qui ha ricevuto i sacramenti dell’Iniziazione cristiana. Qui per la prima volta ha ascoltato la Parola di Dio che lo ha affascinato per tutta la vita. Qui è cresciuto all’asilo con suor Bice, poi alla scuola elementare. Qui sempre è tornato durante gli anni della formazione. Da prete, da parroco di Arliano, sempre, quanti ragazzi e giovani ha seguito e accompagnato nel tempo, senza mai abbandonarli! Molti di questi, senz’altro siete qui stasera. E immancabile, ogni anno tornava a celebrare San Cataldo, il dieci di maggio. Solo quest’anno ci ha seguito dal letto di ospedale. Ma ci ha seguito passo passo.
Carissimi, oggi la chiesa celebra la festa della Trasfigurazione del Signore e con don Andrea, abbiamo deciso di celebrare questa festa liturgica e non fare la Messa esequiale. Non perché Mansueto non abbia bisogno del suffragio della preghiera della Chiesa. La Chiesa, madre saggia, invoca per tutti i defunti la Misericordia di Dio e tutti, di questa misericordia tutti abbiamo bisogno. Lo abbiamo fatto però perché ci è parso che alla luce della Trasfigurazione possiamo leggere questa morte che ci addolora così profondamente.
La luce della Trasfigurazione infatti illumina le opacità e il grigiore della vita. Ci fa scoprire nell’uomo Gesù, il Figlio di Dio innanzitutto da ascoltare e seguire; la luce della Trasfigurazione ci fa vedere in ciò che agli occhi umani è solo dolore e morte, speranza e risurrezione; in ciò che sembra senza valore, la perla preziosa del regno di Dio che avanza. Il Signore Gesù ci porta sul monte con Lui. Ci conduce per mano e piano piano ci illumina con una luce interiore che ci fa vedere e sentire, oltre quello che gli occhi e le orecchie del corpo vedono e sentono.
Posso dire – possiamo dire – tutti quelli che sono stati vicini a don Mansueto, che questa luce, nei lunghi mesi di ospedale, era dentro di lui, traspariva dai suoi occhi. Si percepiva bene che ne era interiormente illuminato e che già vedeva ciò che normalmente non si vede: il mistero della morte e risurrezione del Signore al quale si andava lentamente configurando. Già in qualche modo sembrava contemplasse quel figlio dell’uomo di cui ci ha parlato il libro di Daniele, che veniva a prenderlo per condurlo davanti al trono dell’Altissimo.
Carissimi amici, il peso del distacco è forte e le domande a Dio sul perché di questa morte, rimangono. Ma quello che è certo è che anche dobbiamo lasciarci invadere dalla luce della Trasfigurazione e, con gli occhi della fede, vedere il nostro fratello Mansueto, ancora vivo in mezzo a noi. Con gli occhi della fede – illuminati anche dalla testimonianza del nostro amico – dobbiamo imparare a guardare alla nostra vita, qualunque essa sia; a guardare alla nostra quotidianità, qualunque essa sia, trovando in essa la presenza della Misericordia di Dio e l’occasione per essere a nostra volta misericordiosi nei confronti dei nostri fratelli; cercando ogni giorno, come ci ha ricordato l’orazione iniziale di questa Messa, di “ascoltare la parola del Figlio unigenito di Dio e così diventare coeredi della sua vita immortale”. Don Mansueto, questa parola di Dio l’ha ascoltata, amata, servita e spiegata. Per questo siamo certi che sia già entrato nel pieno possesso dell’eredità della vita immortale. A noi seguirne le orme, ringraziando con tutto il cuore Dio per avercelo dato come Padre, fratello e amico.
+ Fausto Tardelli, vescovo