Giovedì 23 Marzo gli insegnanti di religione cattolica della Diocesi si incontreranno con il Vescovo Fausto Tardelli per una celebrazione eucaristica nella Chiesa di Santa Chiara in Seminario. Armando Bartolini, direttore dell’Ufficio Scuola Diocesano rinnova l’invito a tutti gli insegnanti e lo accompagna con alcune riflessioni sul tempo di Quaresima.
Secondo il calendario comunicato all’inizio dell’anno scolastico, il 23 marzo, siamo invitati a ritrovarci per sostare e “fare il punto” del nostro cammino quaresimale.
“Ascoltate la mia voce!”, è l’invito pressante di Geremia a porgere l’orecchio al messaggio di salvezza di JhWH, quel messaggio che si fa visibile in Gesù, che meraviglia per i miracoli che compie, Lui, il primo miracolo di JHWH per tutti gli uomini.
L’inverno prepara la primavera, il gelo si dischiude in un formicolio di energie vitali, la Quaresima apre alla pasqua e alla Pentecoste.
“Belle parole!”, ci verrebbe di dire, ma per ora stiamo brancolando nel buio, il cuore avverte un senso di smarrimento con il timore che debba durare per sempre. Eppure c’è chi ha affrontato questo smarrimento prima di noi. Gesù ha creduto nella forza vincente della luce.
“Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24), ha detto un giorno per confortare e incoraggiare. Più che una parabola era una profezia: un sepolcro si sarebbe aperto per accogliere il suo corpo affidato come seme alla terra. Veniva sepolta la morte e da lì sarebbe scaturita la vita.
Perché facciamo così tanta fatica a credere alla realtà del seme che nuore e porta vita nuova?
Abbiamo bisogno di imparare nuovamente ad attendere con pazienza, a sperare, ad ascoltare, a contemplare. Abbiamo bisogno di far risuonare in noi la verità, la forza e la bellezza della Parola di Gesù. Abbiamo bisogno di lasciarci confortare dallo sguardo profondo del Padre (“Il Padre vede nel segreto …”).
Lo sguardo del Padre non abbandona mai il seme nascosto. Non si lascia vincere dalla distrazione dei figli davanti alla sua voce. Ce lo ricorderà l’Evento pasquale con il corpo di Gesù il Cristo balzato alla vita dall’oscurità del sepolcro. E l’apostolo Paolo ci dice: “Non dimenticate: il Cristo è il primogenito di coloro che risuscitano dai morti; e colui che ha inaugurato per tutti la legge del morire e del risorgere” (cfr. 1Cor 15,20-22).
Parafrasando la parola “primogenito” con un’espressione intonata alla primavera, è Cristo la “primula” che ritrova la luce e il tepore di una nuova primavera, quella che nessun inverno può cancellare.
C’è il deserto della solitudine e l’inverno degli affetti, la notte oscura della fede e la croce del dolore assurdo. Sono realtà contemporanee, quotidiane, concrete che esprimono un linguaggio universale, un linguaggio comune anche a chi si professa credente nel Dio di Gesù Cristo.
Dobbiamo recuperare altre immagini, immagini che parlano di una vita più forte di ogni destino, apparentemente senza speranza. Pensiamo al passo di Geremia: “Mi fu rivolta questa parola del Signore: ‘Che cosa vedi Geremia?’. Risposi: ‘Vedo un ramo di mandorlo’. Il Signore soggiunse:’ Hai visto bene, perché io vigilo sulla mia parola per realizzarla’” (Ger 1,11-12).
“Mandorlo”, in ebraico, significa “io vigilo”, perché, a causa della sua precoce fioritura, sembra che in inverno non dorma per essere il primo ad annunciare la primavera. Il ‘madorlo’ per eccellenza, il primo vigilante e il primo risvegliante, è il Signore stesso, che sta accanto ad ogni creatura, per richiamarla ad una vita nuova. E ‘mandorlo’ dovrebbe essere ogni credente, un ‘mandorlo’ fiorito in mezzo ad una società che ancora soffre i rigori dell’inverno.
Il Tempo quaresimale ci aiuta in questo: un tempo propizio per rifiorire, per fare pulizia spazzando via paure e tristezze, inerzie e compromissioni, rassegnazione e pigrizia; tempo per aprire spazi nuovi alla nostra interiorità.
All’inizio della Quaresima, sempre riecheggiano le parole forti di Gesù che invitano al risveglio dal nostro inverno: “Il tempo è compiuto e il regno di Di è vicino; convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1,15). Le Sue parole sono un invito al cambiamento autentico, un continuo processo di rinnovamento, che può e deve essere il motore della vita. Credere al Vangelo significa orientare l’esistenza al bene.
“Misericordia io voglio e non sacrifici” (Mt 9,13; 12,7). Ciò che viene chiesto è amore per la vita, propria e del prossimo.
La Quaresima non è tempo di mortificazioni, ma di vivificazioni.
Per questo, l’azione di Gesù non è quella di abbattere l’albero che non porta frutto, ma di concimarlo per dargli nuovo vigore (cfr. Lc 13,8). Gesù non è venuto a spezzare la canna incrinata o a spegnere la fiamma smorta (cfr. Mt 12,20), ma a liberare in noi le energie d’amore che sono sopite, ‘distratte’, e farci scoprire forme inedite, originali e creative di perdono, di generosità e di servizio.
E se il nostro è un sì, ci è dato di sperimentare la Pasqua, non solo come pienezza della vita del Risorto, ma anche della nostra vita.
“Tu sei grade, Signore, e degno di lode. E l’uomo, una particella del tuo creato, che si porta attorno il suo destino mortale, vuole conoscerti, per lodarti. Ci hai fatto per te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te” (S. Agostino).
Ecco, l’incontro con il Vescovo –al quale non dovremmo mancare – ha questo scopo: ritrovare il senso del nostro camminare come IdR, un camminare insieme come Chiesa, un camminare insieme al pastore di questa Chiesa.
Armando Bartolini
Direttore USD