«Quanto ci manca ad essere come Dio vuole?»
Piove e soffia freddo il vento che preannuncia la tempesta siberiana. Dalla chiesa del Carmine la processione avanza piano al canto delle litanie. Un corteo non troppo numeroso ricorda a chi passa il tempo della Quaresima, mentre il freddo invernale ricorda a chi prega la fragilità di chi vive esposto alle intemperie della storia e del peccato. Si entra, poi, nell’antica pieve di Sant’Andrea, attraverso il portone spalancato come una ferita. Anche il pulpito di Giovanni Pisano esibisce la propria fragilità, con una colonna e un capitello stretti da una fascia come un braccio rotto.
Nella prima stazione quaresimale 2018, venerdì 22 febbraio, l’omelia del vescovo Fausto Tardelli ricorda che «solo ascoltando con attenzione il Signore che ci parla, solo contemplando il suo amore misericordioso che si è manifestato sulla croce, noi siamo spinti a guardare alla nostra vita in profondità».
Dietro l’altare in Sant’Andrea svetta una croce dipinta con il volto santo di Lucca. Avvolto nella sua dignità regale contempla muto, in un silenzio pensieroso, l’umanità di chi passa e prega. Davanti al crocifisso, continua il vescovo, «abbiamo la luce necessaria per scandagliare il male che è in noi, riconoscere che abbiamo peccato, anzi, che siamo nel peccato, che abbiamo una mentalità sbagliata, un modo di vedere le cose che non è quello di Dio, un modo di ragionare lontano dal vangelo e che ci manca ancora molto ad essere come Dio ci vuole».
Sono tante le croci in Sant’Andrea. Due crocifissi lignei di Giovanni Pisano raccontano tutto il dramma del Salvatore crocifisso, descrivono tutto il prezzo della nostra salvezza: «è il Signore che ci guida a riconoscere i nostri mali. Noi non siamo in grado di fare una diagnosi vera».
Per tale diagnosi il Vescovo Tardelli suggerisce un’adeguata terapia: «ciò che dobbiamo fare innanzitutto in questo sacro tempo di Quaresima è lasciarci raggiungere dalla parola di Dio; lasciarci contestare dall’amore di Dio; lasciarci scuotere da lui, ascoltando con cuore aperto e piena attenzione le Sacre Scritture e mettendoci di fronte a Cristo crocifisso; a Cristo che ci apre le sue braccia come risorto con i segni della passione e della croce».
Mons. Tardelli ricorda che anche Gesù sa non essere tenero: «Gesù afferma che si può uccidere il nostro prossimo anche con la nostra ira, la nostra rabbia; che è condannabile chi offende il prossimo; che addirittura, se tu sai che il tuo fratello ha lui, qualcosa contro di te, devi esser tu a cercare di riconciliarti per primo».
Basta scorrere i commenti sui social di tanta gente perbene, che sembra perdere la testa di fronte ai fatti di cronaca e moraleggia su video di violenza e sconvenienza. «Queste parole di Gesù toccano davvero dei nervi scoperti della nostra anima, specialmente di noi oggi così inclini, anche attraverso i cosiddetti social, a offenderci, a dirci le peggio cosa, ad augurare ai nostri nemici le peggiori disgrazie; oggi, quando sembra di moda essere violenti e arroganti».
Parole che bruciano anche a chi getta lo sguardo dentro la Chiesa: «Dentro le nostre comunità, dentro la chiesa, quante chiusure, quanti giudizi malevoli, quante offese, maldicenze, rabbia, invidie e gelosie!»
È dunque il tempo della resa? Il momento di alzare bandiera bianca o cedere al martellamento di male che viene dalle notizie in televisione e dal nostro cuore?
Il tempo quaresimale è il momento di «accettare di buon grado che il Signore ci contesti e ci metta in crisi; che ci faccia capire i mali che abbiamo dentro … E consapevoli della nostra debolezza, preghiamo levando la nostra supplica, accorata e sincera: convertici a te Signore con la grazia del tuo amore e noi ci convertiremo».
(Leggi l’intera omelia)