La Madonna delle Porrine che si venera nella Cattedrale è l’unica tra le immagini mariane legate alla protezione della città dalle epidemia

DI MARIA VALBONESI

Fuori e dentro le mura di Pistoia si trovano non poche immagini della Madonna che sono ritenute miracolose e pertanto diventate meta di pellegrinaggi devoti e oggetto di un culto privilegiato. Una soltanto però, la più antica, è specificamente legata al fenomeno delle epidemie. E si distingue anche perché, mentre negli altri casi il miracolo consiste o in un’apparizione dalla quale deriva l’immagine (come a Valdibrana) o nella inspiegabile modifica di un’immagine preesistente (come all’ Umiltà), qui l’immagine esisteva già da tempo sulla parete esterna della Cattedrale, sotto gli occhi di tutti coloro che passavano per la piazza; e vi rimase, perfettamente immobile e uguale a se stessa, anche quando, verso la metà del XII secolo, i pistoiesi cominciarono e poi non smettevano più di morire «come mosche» a causa di «una febbre micidiale e contagiosa alla quale univansi piccoli tumori esterni detti Porrine». È abbastanza naturale che in circostanze simili si intensificasse l’abitudine di fermarsi a pregare davanti a questa Madonna così accessibile e familiare; naturalmente poi la notizia delle prime guarigioni moltiplicò l’affluenza; e quando infine, quasi a un tratto, l’epidemia cessò, non ci furono dubbi che se ne dovesse ringraziare Colei, davanti alla cui immagine si era tanto pregato.

Un miracolo, dunque, non evidente nella oggettività di un evento straordinario, ma scoperto e rivelato dalla fede popolare in un oggetto, per così dire, ordinario, come il vecchio affresco della Madonna sulla parete esterna della Cattedrale. E quando, per forza di tempo e di intemperie, questo dovette essere dipinto ex–novo in forme trecentesche, agli occhi dei pistoiesi la Madonna delle Porrine, pur essendo evidentemente un’altra, restò sempre la stessa, quella che aveva fatto il primo miracolo continuava e avrebbe continuato a farne per loro. Fin dall’inizio il suo culto venne favorito dalle autorità sia civili sia ecclesiastiche, che se ne divisero la gestione, coordinandolo a quello quasi contemporaneo di sant’Jacopo; e finalmente nel 1624 si misero d’accordo per trasferire l’affresco all’interno della Cattedrale – dove tuttora si trova, sulla parete della navata sinistra, custodito fra le colonne e il timpano spezzato di un bell’altare secentesco che porta incise sul suo pallido marmo quattro grandi “P”: Populus Pistoriensis Pietate Posuit (il popolo pistoiese pose per pietà). Nella traslazione dell’immagine, fu spostato il cenotafio gotico dedicato a Cino da Pistoia, oggi sulla parete destra della Cattedrale e traslati i resti del poeta e giurista amico di Dante. La devozione alla Vergine si esprimeva pubblicamente il 1 di luglio, quando, come ricordava alla fine del Settecento Jacopo Maria Fioravanti «si fa una processione votiva per avere ottenuta la liberazione dai predetti malori».

Il ricordo dei numerosi miracoli attribuiti alla Madonna delle Porrine erano raccolti in un apposito volume custodito nel Tesoro di San Jacopo, ancora noto nel XVII secolo. A questa Madonna “di popolo” si usava fare pubblicamente ricorso in occasione delle ricorrenti epidemie, specialmente delle più gravi, come la peste del 1630, il tifo petecchiale del 1817, il colera che «per miracolo» nel 1855 non arrivò fino a Pistoia. «A questa perenne fonte di grazie — ricorda nel 1871 Francesco Tolomei a conclusione di un suo libretto dedicato alla Madonna delle Porrine — ricorrano dunque sempre i pistoiesi nei loro bisogni, nella contrizione del cuore siano certi di ottenere la Divina Misericordia». Ora, agli inizi del mese di maggio, non sembra fuori luogo rivolgersi a Lei, che per tradizione quasi millenaria è il costante riferimento della preghiera e della speranza della nostra gente in circostanze simili a quelle che stiamo vivendo e soffrendo oggi.