di Ugo Feraci

La diocesi ricomincia dalla prossimità. Dopo la ripresa delle celebrazioni i progetti per l’estate e il percorso condiviso.

Don Cristiano D’Angelo, vicario per la pastorale, ci invita a rileggere questo tempo.

Riprendono lentamente le attività pastorali, ma come si muovono le comunità della Diocesi? Don Cristiano D’Angelo, vicario generale per la pastorale diocesana ci aiuta a leggere la risposta della diocesi.

Quali risorse sono emerse in questi mesi?

Una delle grandi risorse di sempre della nostra pastorale è proprio la vicinanza, la possibilità di far sentire la presenza, la compagnia. Non è una cosa banale. La quarantena è stato anche un tempo di grazia. I parroci, in qualche caso, hanno riscoperto il ruolo di pastori: più presi dalla preghiera, dall’ascolto, dalla vicinanza, meno dall’organizzazione e da tanti appuntamenti. Abbiamo anche capito che il mondo digitale è una risorsa, pur con le sue luci e le sue ombre. Ha funzionato, ad esempio, là dove le famiglie erano già molto motivate. Chi ha fatto catechesi online ha segnalato anche un numero di presenze più alto di quando vengono organizzate in presenza. Un aspetto che mi fa dire che il digitale lo dobbiamo abitare di più. Però il digitale è molto evanescente e certamente non aiuta a vivere l’aspetto comunitario della fede. Per il futuro sarà sicuramente uno strumento importante, ma certamente non possiamo rinchiuderci dietro gli schermi. La presenza rimane un elemento importante. La festa del Corpus Domini ci dice proprio quanto è importante essere “corporalmente” vicini.

Con la fine della scuola cresce l’interesse per i centri estivi. Come si muove la diocesi?

L’organizzazione di centri estivi è un servizio che diverse parrocchie hanno sempre fatto. Le famiglie ne hanno particolare bisogno dopo la fine della scuola. Ma è anche una grande occasione. All’oratorio si possono trasmettere contenuti umani e di fede, lavorando per costruire un tessuto comunitario e far crescere adolescenti e giovani. Tante famiglie chiedono questo servizio. Le parrocchie stanno cercando di venire incontro a questa richiesta assumendosi con consapevolezza alcune responsabilità.

Organizzarli non è facile: c’è bisogno di un’opportuna formazione e le restrizioni sono molte.

Le richieste relative all’istruzione degli animatori sulle regole di sicurezza è in realtà un aspetto presente da sempre nella formazione degli animatori. Si tratta di inserire, accanto alle normative già previste, un capitolo legato al coronavirus. Vorrei che guardassimo anche alle opportunità che ci dà questa situazione. Siamo chiamati a essere un po’ più attenti a tante normative e a documentare quello che si fa. Il punto veramente cruciale — a mio avviso — è il distanziamento, perché obbliga a limitare il numero delle presenze e a dover inventare attività che regolamentano in maniera innaturale atteggiamenti dei ragazzi e dei bambini. Uno dei problemi è anche legato agli spazi disponibili che devono essere adeguati ad accogliere i ragazzi, con una capienza sufficiente a ospitarli sia all’aperto che in spazi coperti.

E per i campi e le uscite con i giovani?

Le responsabilità sono talmente grandi e le misure di sicurezza così complicate che diventa difficile fare l’autogestione di una casa per ritiri. Più facile trovarsi in albergo, ma in questo caso i costi rendono tutto difficilmente proponibile. Siamo comunque in attesa di nuove indicazioni, pronti a cogliere ogni occasione per non perdere questa proposta così cara ai ragazzi.

Il 2021 prevedeva due appuntamenti importanti: il Sinodo diocesano e l’anno iacobeo.

Il Sinodo è stato rimandato a data da destinarsi. Quando è iniziata la pandemia il Sinodo era nella fase iniziale di ascolto delle singole realtà. È stato necessario rimandarlo poiché chiede proprio il trovarsi insieme per condividere, ascoltarsi, pregare. Finita la pandemia però sarà importante avere un momento sinodale per riflettere insieme e domandarsi cosa ci lascia, quali attese ci suscita per far crescere le chiese e farle essere più fedeli alla propria missione.

La Chiesa di Pistoia celebrerà comunque l’anno santo iacobeo.

Sì, il giubileo è un momento più celebrativo, anche se saremmo costretti a rivedere i numeri delle presenze. In fondo anche un giubileo legato alla figura di un apostolo missionario come San Giacomo il maggiore ci potrà guidare a un incontro sinodale più proficuo. Chiaramente alcuni appuntamenti che prevedono affollamenti o manifestazioni pubbliche andranno forse ripensati. Credo però che a una diminuita visibilità pubblica e comunitaria potrà corrispondere una crescita spirituale, forse meno evidente ma più coinvolgente. La fede ci chiede di abitare il tempo che viviamo, questa situazione di pandemia, pre e post giubileo è comunque importante.