di Irene Ginanni

Qualche anno fa partecipai ad alcune serate sulla Parola di Dio. Il sacerdote che guidava questi incontri ci disse parafrasando il Salmo 33: «Il Signore veglia su di noi, guarda dal cielo la nostra vita, le madri sanno bene cosa significa: significa avere sempre il cuore fissato sui propri figli, gli occhi attenti a vegliare ogni loro respiro». Queste parole non le ho più dimenticate (le avevo scritte!), ero da poco diventata mamma e sapevo bene infatti cosa significavano: alzarsi nel cuore della notte per guardare se la bambina fosse ben coperta, se avesse una buona posizione, se quel sussurro fosse stato un lamento o solo un sogno.

Dio si comporta proprio così con noi, ci guarda, ci osserva, si avvicina se lo chiamiamo, veglia su di noi. Nella nostra vita quotidiana dobbiamo fare memoria dello sguardo di Dio e costruire tutto il nostro vissuto su questa certezza: il Signore ci guarda, che cosa potremo temere? È Lui la nostra salvezza, è Lui la nostra roccia e la nostra colonna, è Lui che ci salva dalle tempeste e dalle inondazioni.

Il vescovo, nella sua lettera pastorale, ci invita a costruire sulla roccia, a tornare a questa certezza essenziale della nostra fede. Un grande uomo, Pavel Florenskij, filosofo, sacerdote ortodosso martire nel gulag delle Solovki nel 1938, durante la prigionia scrive in una lettera ai propri figli: «Osservate più spesso le stelle. Quando avrete un peso nell’animo, guardate le stelle o l’azzurro del cielo. (…) Allora la vostra anima troverà la quiete». Nello sguardo del Padre, possiamo tutti trovare la nostra roccia, il nostro riferimento, il nostro rifugio e baluardo.