In vendita l’antica pieve di San Michele con il suo inestimabile pulpito romanico. Una vicenda che invita a riflettere sul futuro di un patrimonio diffuso e identitario

di Ugo Feraci

Un pulpito «di valore incommensurabile e considerato una delle basi di riferimento degli altri pulpiti di area pistoiese–pisana e fiorentina». No, non siamo nell’antica chiesa di San Bartolomeo a Pistoia e neppure nella collegiata di Barga, luoghi dove si conservano due pulpiti straordinari del giro di Guido Bigarelli, personalità attorno a cui ruota la bottega scultorea più importante del Duecento toscano prima della svolta di Nicola Pisano. Non siamo neppure nella Cattedrale di Cagliari, dove fu rimontato l’antico pulpito della Cattedrale di Pisa, opera seminale di maestro Guglielmo realizzata nella metà degli anni sessanta del secolo precedente. Il riferimento è a Groppoli, a due passi da Pistoia. Qui, nell’antica pieve di San Michele, sopravvive un pulpito datato 1193 che si colloca proprio a metà tra questi due vertici della scultura medievale toscana, non lontano dallo stile di maestri attivi tra Pisa, Lucca e Pistoia, come Biduino e Gruamonte. Nomi, tutti quanti, a dire il vero poco noti ai più, ma certamente decisivi per lo sviluppo dell’arte italiana.

Il fatto è che un apprezzamento così limpido non appare in un libro di storia dell’arte, ma nella descrizione di una nota casa d’aste, dove l’antica pieve, con annessi e connessi, è in vendita per quasi un milione di euro. Avviso che può suonare tra l’inedito e il curioso da noi, ma certamente né il primo, né l’ultimo.

Fuori d’Italia, ad esempio in Francia o Spagna, non mancano i casi di edifici di pregio storico artistico smontati pezzo pezzo da nuovi acquirenti e rimontati in sedi museali. Ben diversa la sorte di altre chiese trasformate in pub, discoteche o nel migliore dei casi biblioteche pubbliche, ma anche in suggestive piste da skateboard come nel caso di San Giuseppe ad Arnhem in Olanda. Qualche settimana fa Repubblica segnalava il triste destino del vasto patrimonio francese, dove «ogni anno scompaiono tra 40 e 50 chiese: demolite, vendute o radicalmente ricostruite». In centro a Pistoia l’antica chiesetta di Santa Maria del Giglio ospita da tempo un ristorante, sedi di cerimonie ed eventi privati sono il Convento di Giaccherino (ma non la chiesa, impedita alle celebrazioni liturgiche) e il Convento di San Quirico (dove la chiesa fu sconsacrata nel 1972). Molti interrogativi pendono su edifici sovradimensionati per la pastorale, come la SS. Annunziata o sconsacrati ma in gravi condizioni come Santa Maria Nuova. Due anni fa un convegno alla Pontificia Università Gregoriana ha provato a riflettere su un tema di crescente importanza, elaborando alcune Linee guida per la dismissione e il riuso ecclesiale di chiese pubblicate dal Pontificio Consiglio per la Cultura.

Nel contesto di una situazione estremamente varia per patrimonio e legislazione, il documento invita a privilegiare riusi e trasformazioni legati a finalità almeno sociali o culturali, finanche abitative piuttosto che commerciali o del tutto dissonanti. Linee guida che, laddove l’ente ecclesiastico non abbia alcuna parte in causa, come nel caso di Groppoli, restano meri auspici e suggerimenti affidati alla sensibilità di terzi.

Per San Michele, visto il rilievo culturale del complesso, ci auguriamo almeno che i futuri proprietari concedano a studiosi e appassionati di storia, fede e arte la possibilità di una visita. Ma forse la posta in gioco è ancora più alta e interpella la volontà di leggere e fare i conti con il nostro passato. Per la Chiesa di confrontarsi con una trasformazione radicale di mentalità e presenza sul territorio.

Fuga in Egitto, particolare dell’antico pulpito di Groppoli

La lunga storia di un luogo di culto

A scanso di equivoci, sorti qua e là sui social, la chiesa di Groppoli non appartiene alla Diocesi di Pistoia e nemmeno dall’altro ieri. Nominata in due bolle papali tra il 1094 e il 1105, la pieve «de gruppole ad vincium» è anche rammentata in una pergamena del 4 ottobre 1174. Di lì a qualche anno sarebbe stato realizzato il pulpito esistente ancora oggi, seppure alterato nella forma. La chiesa, collocata poco sopra la località di Spazzavento, non lontana dal convento di Giaccherino e dalla chiesa di San Piero in Vincio, è ricordata come Pieve, cioè luogo di un certo rilievo ecclesiastico in cui erano amministrati i battesimi. Nella chiesa, infatti, si custodisce anche un fonte battesimale ottagono del Duecento.

Nel 1453 passò agli Umiliati, un ordine religioso sorto nel XII secolo in Lombardia come movimento popolare e poi diffusosi nel centro nord proponendo una riforma della vita cristiana in senso pauperistico e comunitario. Nel corso del Duecento questa sensibilità si instradò in un ordine approvato dalla Chiesa composto da religiosi e laici. Nel XV secolo la carica iniziale si era esaurita e la congregazione avviò un declino che la condusse nel 1571 alla sua soppressione. A Pistoia gli Umiliati avevano sede sull’odierno corso Gramsci, poco oltre San Vitale, dove sorgeva una loro chiesa intitolata a Maria Maddalena. Sul finire del Quattrocento però furono allontanati dalla città e i beni del monastero, tra cui la pieve di Groppoli, incamerati dalla Santa Sede anche se sempre indicati con il nome di «Propositura degli Umiliati».

La prima visita pastorale che rammenta la chiesa di San Michele — come mi suggerisce la dott.ssa Lucia Cecchi — risale al 1546, poi, già nel 1558, la chiesa è segnalata sine cura, cioè senza la funzione di cura d’anime. Nel 1603 vi celebravano i vicini frati di Giaccherino anche se la chiesa restava indicata come pertinente la Propositura. Nel 1686 l’edificio era ormai declassato a oratorio, unito alla parrocchia di San Piero in Vincio e collegato alla villa della famiglia Amati. Nel 1711 pieve e canonica erano affittate a Domenico di Antonio Dal Pino. Nel 1779 fu impedita la visita pastorale perché non era stato preavvisato il cardinale proprietario, all’epoca Gregorio Salviati, che ebbe in commenda i beni della Propositura dal 1764 al 1794. Dopo le burrascose vicende napoleoniche di fine secolo, in una visita pastorale del 1818 ritroviamo la chiesa ormai di piena proprietà della famiglia Dal Pino. Così ancora nel 1872, quando un sacerdote membro della stessa famiglia officiava San Michele risiedendo nella villa attigua. Ai Dal Pino la chiesa è rimasta fino al 1980, quando l’ultima discendente nominò erede universale l’architetto Francesco Gurrieri, all’epoca funzionario della Soprintendenza. Sono dunque ormai decenni che la chiesa non è più nè regolarmente, nè saltuariamente officiata.

foto in copertina da: https://www.dronestagr.am/pieve-di-san-michele-a-groppoli-pistoia-tuscany-italy/