di Dario Cafiero

Nelle settimane del Covid-19 ormai si miscelano sempre più richieste serie e meno serie, paralleli sensati e privi di ogni logica, manifestazioni legittime e caos organizzato. Nel calderone delle emergenze finiscono per essere poste sullo stesso piano chiese e circoli. Sì, perché negli ultimi giorni si è levata la richiesta d’aiuto dei circoli toscani, circa 2000 su tutto il territorio, bloccati nelle loro attività dall’ultimo Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 24 ottobre. L’interpretazione dell’attività svolta – sociale e ricreativa – li ha costretti alla chiusura, pur in presenza dei servizi di ristoro, cavillo a cui molte delle strutture pensavano di aggrapparsi per il mantenimento dei bandoni alzati. Spostandosi dal tavolo delle consumazioni alla sala degli incontri, si può disquisire a lungo sulle questioni tecniche e burocratiche della scelta; singolare però il rifarsi – anche da molti esponenti delle istituzioni – al ruolo dei circoli in quanti “presidi  sociali” sul territorio e, per questo, un’attività fondamentale. Una definizione che spinge ad una riflessione più seria se si pensa che queste parole sono purtroppo scomparse quando si parla delle chiese, trattate – dal Dpcm ma non solo– come meri luoghi dove officiare matrimoni, funerali, comunioni e cresime («Le funzioni religiose con la partecipazione di persone si svolgono nel rispetto dei protocolli sottoscritti dal Governo» cita il Dpcm) demandando il valore sacro di luogo di preghiera e di ristoro per l’anima alla sola iniziativa personale. Per questi motivi la domanda diventa: la chiesa è (ancora) un presidio sul territorio? Ha ancora la funzione di aggregazione e non solo di punto di ritrovo per appuntamenti prestabiliti? In molte realtà, soprattutto rurali e di periferia, senza dubbio, rappresenta ancora un nucleo dove ruotano non solo le cerimonie ma un’intera comunità che si incontra e condivide momenti di spiritualità e speranze comuni. È invece proprio dove questa funzione si è ormai persa che è fondamentale riavviare ancora di più questa tipologia di “attività”. In questi lunghi mesi dove una pandemia sta mettendo a dura prova l’anima, fiaccata dalle continue e crescenti difficoltà sociali, economiche e familiari, il ruolo della chiesa non può essere solo “ricreativo” (con tutte le virgolette del caso) e limitato alla dimensione terrena della vicenda, ma deve tornare alla sua presenza fondamentale come fulcro della comunità, con il campanile a segnare la strada da percorrere. Non si tratta di una missione da affidare solo al sacerdote, ma è con la vera partecipazione di tutta la comunità che la chiesa, come i circoli, tornerà un vero presidio irrinunciabile.