La sapienza del corpo di una madre

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di Ugo Feraci

«C’è in ogni donna una saggezza interna che sa, che la guida nel proprio processo, unico e speciale, del divenire madre. Questa saggezza guida il corpo in gravidanza, lo fa adattare e lo rende capace e competente nel far crescere e sviluppare una nuova vita. Se ci pensate è sorprendente e miracoloso quello che il corpo riesce a fare in soli nove mesi. Chi glielo dice al corpo di fare quello che sta facendo? (…) Noi tutte ci portiamo iscritte nelle nostre cellule i segni e le sofferenze di un femminile depotenziato, di un femminile che spesso è stato reso impotente, schiacciato, manipolato. Si è persa nel corso delle generazioni l’abitudine di tramandarsi la forza e il valore della femminilità, della maternità. (…) Il corpo della donna in travaglio prende il sopravvento sulla nostra parte razionale, gli ormoni del travaglio vi lavorano dall’interno per permettere la vostra trasformazione, vi prendono per mano per farvi fare questo passaggio così delicato e significativo dell’esistenza: da figlie divenire madri. (…) Gli ormoni del travaglio, l’ossitocina e le endorfine, lavorano in sinergia tra loro, per far sì che la donna in travaglio arrivi ad abitare pienamente se stessa, dentro il suo corpo, alterando il suo stato di coscienza la conducono in un’altra dimensione. Molte donne arrivano a sperimentare una connessione profonda con la propria parte divina, arrivano a sperimentare una nuova nascita o rinascita, insieme al bambino. Senza il dolore, senza stare a contatto con il dolore e le sensazioni corporee la donna non può attingere pienamente a questa forza».

In queste parole c’è il fascino che scaturisce da quel che è estremamente naturale e originario. Non escono dalla penna di qualche teologa, neppure dal blog di qualche cattolica militante. Sono quelle che un’ostetrica di un ospedale pubblico ha indirizzato alle mamme prossime al parto. Brani di un messaggio stupendo che meriterebbe di essere reso noto per intero e che descrive con sapienza l’incanto di una vita che si sviluppa e si prepara alla nascita, prova a raccontare il passaggio tra l’essere figlia e il diventare madre.

Senza forzare in alcun modo le intenzioni e i contenuti di questo messaggio, anche soltanto a partire dai pochi passi qui citati, si aprono, per il cattolico, capitoli infiniti di bioetica. C’è il grande problema del dolore e del suo senso, ma anche temi roventi di un dibattito che da qualche anno a questa parte si sposta sempre e sempre più rapidamente in avanti: dall’aborto, all’identità di genere, dalla verità biologica del proprio corpo alla maternità surrogata, dalla fecondazione artificiale agli inquietanti ma sempre più realistici scenari di manipolazione del “materiale umano”. Sarà reato, un giorno, scrivere un messaggio così?