di Alice Peloni
«Se c’è un punto comune alle varie discipline psicologiche, questo riguarda l’insopprimibile bisogno dell’uomo, di ogni cultura o nazionalità, di affetto e di socialità. Reprimere questo bisogno porta a conseguenze molto dannose e non c’è bisogno di scomodare Freud, Eric Berne o altri grandi autori per avere conferme». Lo sostiene il sociologo Mattia Vitiello, ricercatore presso il Consiglio nazionale delle ricerche. E di fronte al crescere dei contagi e a un’Italia fatta di restrizioni, di serrande abbassate dopo le 18 e di migliaia di studenti ancora una volta dietro a uno schermo, ci si chiede quali conseguenze avrà sui più giovani questo incubo che non sembra mai avere fine. Proprio coloro che nelle relazioni con i coetanei hanno sempre trovato lo spazio vitale per l’affermazione della propria individualità, portando a frutto un processo di formazione che può realizzarsi solo all’interno del contesto sociale, da marzo a questa parte vivono l’innaturale condizione di dover reprimere il proprio bisogno di socialità.
Una condizione straniante, come conferma Anna, 19 anni, Firenze: «Quando durante l’estate abbiamo tutti avuto la possibilità di godere di una maggiore libertà, inizialmente mi sentivo molto a disagio tra la gente sia per l’essere rimasta molto a casa sia per il fatto di non essere abituata a determinate norme comportamentali come l’uso della mascherina». A contribuire a rendere i giovani progressivamente sempre più impacciati nelle relazioni c’è poi l’ingerenza del digitale che, proponendosi di compensare i mancati incontri in carne e ossa con i social media, in realtà rischia di renderci tutti sempre più delle piccole isole.
Arianna, 19 anni, di Montecatini, afferma: «da mezzo per accordarsi su un appuntamento a principale via di comunicazione e condivisione, i social network ad oggi sono al centro di buona parte della giornata. Dall’Università allo sport, tutto è digitalizzato e virtuale». Ma se ad oggi, come del resto a chiunque, non resta altra scelta che vivere queste imposizioni come dure leggi di necessità, per lo meno la prospettiva di un vaccino presto disponibile consente di proiettarsi verso un futuro migliore, ma comunque segnato in modo indelebile.
E c’è chi azzarda previsioni: «Mentre la mia generazione non vivrà grandi cambiamenti per quanto riguarda la socialità, credo che le conseguenze di questa esperienza si vedranno soprattutto nei più piccoli – sostiene Lorenzo 19 anni, Pistoia – ma una cosa è certa: impareremo a dare meno cose per scontate, soprattutto la libertà che ci è stata tolta».