Antonio ed Edda, marito e moglie di Stabbia, raccontano i passi del loro matrimonio

di Alice Peloni

Alcuni amori bruciano in un attimo, altri durano una vita intera. Edda Pellegrini e Antonio Cavallini si sono visti un giorno, per puro caso, e tra loro è scattato qualcosa che non si è mai spento. «Non esiste la ricetta giusta per un legame duraturo. Non si può spiegare. Bisogna trovare la persona giusta e, come in tutte le cose della vita, un po’ di fortuna è necessaria». Edda spiega con semplicità il segreto di un’unione lunga e felice, che Antonio descrive però con un’enfasi ben diversa parlando di «un’amore folle». Due persone all’apparenza molto diverse, ma che hanno saputo trovare un’intesa forse proprio grazie alla capacità delle loro due personalità di completarsi l’un l’altra: da una parte un uomo dall’animo romantico e poetico, che nonostante abbia interrotto i suoi studi alla seconda media non ha mai smesso di dedicarsi alla letteratura e alla filosofia; dall’altra una donna di poche parole, ironica e salace, dotata di un’intelligenza straordinaria che l’ha spinta a proseguire gli studi fino all’università nonostante le difficoltà economiche.

«Ero seduto su un muretto davanti alla casa di Edda, stavo aspettando sua sorella e una sua amica pensando che ci fosse una festa. Poi vedo passare una ragazza con un cagnolino al guinzaglio. Da lì non ci siamo più lasciati». «Saranno stati tutti i suoi discorsi a prendermi tanto, il suo modo di chiacchierare» continua Edda. «A dire il vero ancora oggi questo suo modo di fare, questo suo modo di parlare così retorico a volte mi urta, essendo io così stringata. Eppure qualcosa mi ha sempre spinta ad apprezzare di lui anche quegli atteggiamenti che il mio modo di essere mi porterebbe a considerare difetti». E deve averli apprezzati proprio tutti quei difetti Edda, se una donna dallo spirito così libero da aver insistito di non voler comparire su questo articolo con il cognome del marito, ma con il proprio, ha deciso di sposare Antonio e con lui ha condiviso tanto il dolore della morte prematura della loro primogenita quanto la gioia dei tre figli che sono seguiti. «Dopo venti giorni che ci conoscevamo ha iniziato a chiamarmi “illustre”, e ancora oggi mi chiama così quando esagero con la mia retorica. Ognuno di noi è un misto di vanità, di nullità e di mediocrità. Metti insieme queste tre cose e viene fuori l’essere umano. Anch’io ho la mia dose di vanità, ma l’ironia di mia moglie contribuisce alla mia capacità di gestirla».

Due caratteri diversi che hanno saputo trovare un equilibrio in ogni aspetto del loro rapporto, anche nel modo di dimostrare il proprio amore. Prosegue Antonio: «Sai qual è la mia condanna? Ho trovato una donna che mi ha costretto a darle un bacio tutte le mattine che Gesù mette in terra!». Ma Edda ridendo ribatte «In realtà non è vero, io non ti ho costretto a fare proprio nulla! Per me l’amore è fatto di altre cose. Quando eravamo giovani io amavo molto fare lunghe camminate, e una delle prime volte che ci vedevamo mi ha accompagnata. Pur di stare con me ha ignorato le vesciche che gli stavano venendo ai piedi e me lo ha nascosto fino alla fine del tragitto. Se me lo avesse detto mi sarei fermata, ma lui per farmi piacere ha lasciato che gli si ferissero tutti i piedi. Quella è stata una vera dimostrazione d’affetto». «È vero, non mi ha costretto a darle un bacio ogni mattina». Ammette Antonio, «voglio dire che non bisogna avere vergogna di dire ti amo se è quello che si sente davvero, anche con piccoli gesti come questo. Perché ogni vero amore folle è fatto in realtà di piccole cose». «E di sostanza» aggiunge Edda «pochi giorni dopo il matrimonio mi sono tolta la fede. Non serviva un anello d’oro a dimostrare il mio legame con quest’uomo. Abbiamo scelto di stare insieme perché io mi sono sempre sentita capita da lui e viceversa e nessuno dei due ha imposto all’altro la propria visione della vita. Chi ti ama non vuole cambiarti, ti lascia libero di essere ciò che sei».

n.b. Nella foto Antonio, Edda non è voluta comparire