di Dario Cafiero

Intervista al sindaco di Prato, Matteo Biffoni, sulle priorità del rilancio dei territori

Per essere realmente competitivi con i distretti di pari grandezza a livello internazionale – quindi non con le metropoli come Parigi, Londra o Roma, ma con realtà di dimensioni affini come possono essere quelle di una Marsiglia o di una Bruxelles – l’area che va da Firenze a Pistoia deve concretamente realizzare piani di sviluppo condivisi, pensandosi come un’unica realtà. Questo uno dei punti su cui si basa l’analisi di rilancio del territorio di Matteo Biffoni, sindaco di Prato dal maggio 2014 e giunto quasi a metà del suo secondo mandato.

Sindaco Biffoni, Prato è da sempre una città che si riconosce nell’area fiorentina, pur avendo specifiche caratteristiche per quanto concerne il tessuto economico e produttivo. É possibile secondo lei pensare a una collocazione diversa, in ambito strategico, della città e della provincia di Prato ‘lontano’ da Firenze?

Dobbiamo innanzitutto pensare che agli occhi di un ipotetico visitatore internazionale l’area che è racchiusa idealmente da Coverciano a Montecatini possa apparire come un unico distretto. Un’unica area metropolitana, se la vogliamo chiamare così, dove i diversi territori si compensano ma che ha necessariamente bisogno di infrastrutture adeguate per servire i quasi 2 milioni di abitanti, ed i tantissimi pendolari, che quotidianamente gravitano nella Piana. Bisogna uscire dalla discussione legata alla visione dei singoli comuni: Firenze, intesa come città, deve e dovrà essere leader – e non capo – di quest’area, in grado di intercettare al suo interno le diverse necessità dei territori. È innegabile che il “brand” Firenze sia riconosciuto e attrattivo a livello internazionale, ma ormai la città in se e per sé non ha più margine di espansione né territoriale né economica all’interno dei suoi stessi confini comunali. Ne è una dimostrazione il distretto della moda di Scandicci, ormai inglobato all’interno della realtà fiorentina; si tratta proprio di una necessità quasi fisica, dovuta all’assenza materiale di altro spazio per le attività produttive.

Pistoia, Prato e Firenze viste dal satellite (GoogleMap)

Turismo, industria, logistica e trasporti. Quali tra questi spunti potrebbero essere oggetto di un piano di sviluppo d’area, anche inserito nella prossima programmazione europea?

Ricollegandomi a quanto detto prima, è proprio guardando alle possibilità che ci sono sui territori di Prato e Pistoia che l’intera area potrà beneficiare di ampliamenti di imprese, di centri logistici e di attrattività internazionale. Bisogna sempre porsi nell’ottica del potenziale investitore, ma anche turista, internazionale: in un sistema infrastrutturale funzionante, l’andare dalla zona industriale pistoiese di Sant’Agostino al centro di Firenze sarebbe uno spostamento quantificabile in una mezz’ora. Ad oggi invece questo non è possibile perché la carenza infrastrutturale odierna potrebbe costringere l’ipotetico investitore, o anche turista, a possibili code sulla A11 o a ritardi e rallentamenti sulla linea ferroviaria. Ecco quindi il punto su cui penso si debba insistere: un’infrastrutturazione pubblica puntuale e precisa, ragionando come un’unica grande area. Lo stesso ragionamento non vale solo per le attività, ma anche per il turismo: un’infrastrutturazione adeguata consentirebbe di essere a 15-20 minuti effettivi da Firenze anche ad un hotel dislocato a Montale come a Prato. Un passaggio ulteriore potrebbe essere rappresentato dalla creazione di sinergie anche per gli eventi affini – penso ad esempio al Pistoia Blues ed al Settembre Pratese – ipotizzando una scontistica sull’altra manifestazione per chi compra i biglietti per una delle due. Un vero e proprio ragionamento d’area che poi localmente vedrebbe ulteriori ricadute per tutti i tessuti produttivi già presenti, per quanto riguarda Pistoia ad esempio con la realizzazione dell’“asse viario dei vivai”, e che consentirebbe di diventare realmente attrattivi per gli investitori internazionali. Tanto per essere chiari: Hitachi a Pistoia è un valore per la città stessa ma lo è anche per tutta la Toscana, perché i benefici di una presenza imprenditoriale di quel livello garantisce un indotto e un’occupazione che ha ricadute positive per tutta l’area, e che a fronte di un auspicato miglioramento infrastrutturale e dei servizi non potrebbe che generare ulteriori vantaggi.

Un’ultima domanda, legandoci all’attualità: ritiene che la pandemia in corso abbia accelerato il modo di vedere, e rivedere, i territori?

Proprio nella gestione del coronavirus abbiamo purtroppo assistito, e continuiamo a vederlo quotidianamente, a quella che è una gestione d’area dal punto di vista ospedaliero: le varie strutture di Firenze, Prato e Pistoia si sono mosse sostenendosi l’un l’altra accogliendo i pazienti dei vari territori e supportandosi laddove vi fossero difficoltà.