Intervista a padre Alessandro Cortesi per gli 800 anni dalla morte del fondatore dell’ordine. L’attualità di una proposta e il futuro del convento pistoiese
di Daniela Raspollini
È un momento significativo per i domenicani perché si ricordano gli 800 anni dalla morte di San Domenico, il fondatore dell’Ordine (+ 6 agosto 1221). Come state vivendo questo anniversario?
Ogni anniversario nella vita di una famiglia è occasione per fare memoria di un cammino e di una storia, per ricordare i volti e i momenti particolari. È momento di festa per ringraziare il Signore e tanti testimoni che hanno vissuto con fedeltà il dono della grazia della predicazione. È anche momento per chiedersi in che modo oggi vivere la fedeltà al vangelo che stava al cuore della missione di Domenico. Accogliere una tradizione significa assumere la responsabilità di essere creativi nel rispondere alle chiamate di Dio sempre nuove nel tempo che ci è dato e nelle situazioni storiche.
Qual è, a suo avviso, l’attualità di San Domenico?
Domenico in un tempo in cui i prelati andavano a cavallo, camminava a piedi, era uomo di compassione e incontrava gli altri da fratello. Ha saputo radunare volti e persone: ha dapprima radunato una comunità di donne convertite a Prouilhe nel Sud della Francia e questo primo nucleo divenne punto di arrivo e partenza della missione dei frati. Ha radunato poi un primo gruppo di fratelli che con lui condivise l’impegno nella predicazione e li ha subito dispersi nelle diverse città d’Europa e verso luoghi lontani con il compito di pregare, predicare, fare comunità. La compassione verso le sofferenze degli altri, l’attenzione alla presenza delle donne nella vita ecclesiale, la struttura democratica dell’Ordine in cui le decisioni sono costruite nel dialogo e i superiori non sono a vita, la fiducia nella Parola di Dio e nelle parole umane, l’apertura al dialogo ed alla ricerca con tutti della verità più grande di noi, l’affidamento radicale a Dio in ogni situazione, il senso del cammino nella precarietà: questi mi sembrano alcuni aspetti dell’attualità della testimonianza di Domenico.
Quale è stato il contributo dalla presenza domenicana nella nostra città?
A Pistoia di domenicani sono stati presenti sin dalla prima metà del XIII secolo. L’affresco di fine ‘200 dipinto da Coppo di Marcovaldo nella sala capitolare, cuore del convento, raffigura una crocifissione con sullo sfondo il profilo di una città: è richiamo al rapporto tra la comunità, Gesù Cristo e Gerusalemme ma è anche riferimento alla città di Pistoia con cui la comunità ha sempre avuto un rapporto particolare e intenso. La chiesa e il convento per secoli sono stati punto di riferimento di spiritualità nella vita delle famiglie pistoiesi e dell’intera popolazione cittadina. Lo attestano le sepolture nella chiesa e nel chiostro, la vita delle fraternite laicali che afferivano al convento (si pensi alla compagnia dei magi). La memoria va poi al vescovo domenicano Andrea Franchi alla fine del XIV secolo. Ma fino ai tempi recenti, in particolare dal 1928, data del ritorno dei frati domenicani – dopo che furono allontanati dal vescovo Scipione de’ Ricci a fine ‘700 – il convento è stato sede dello Studium della provincia e centro di testimonianza apostolica e missionaria. Mi piace in particolare ricordare l’impegno nel dialogo culturale sui temi della vita sociale e politica negli anni ’60 e ’70 attorno a importanti riviste e nei decenni successivi sino ad oggi le innumerevoli iniziative di incontro e il lavoro capillare di dialogo culturale e ricerca teologica che ha contribuito alla formazione di tante persone in ricerca e si è espresso in molteplici pubblicazioni. Tante persone a Pistoia si sentono legate a san Domenico quale luogo di confronto e spiritualità in rapporto alla vita.
Adesso, dopo la chiusura del convento, come continua a vivere la chiesa di San Domenico?
Dopo la chiusura della comunità avvenuta nel 2018, in accordo con il vescovo è continuata l’attività pastorale con la celebrazione festiva dell’Eucaristia alle ore 19 che vede tante persone partecipi e coinvolte in un cammino comunitario di fede e di servizio condiviso.
Inoltre è continuato l’accompagnamento degli scout della zona AGESCI che copre le diocesi di Pistoia e Pescia ed essi trovano in san Domenico un punto di riferimento formativo.
In collaborazione con la cooperativa sociale Arké a cui sono stati concessi in comodato ampi spazi della struttura e dell’orto, sono condotti progetti di accoglienza e di inclusione sociale. Il convento si è così aperto ad essere abitato in modi nuovi. È stato anche approntato un appartamento per accogliere migranti in vista di una loro autonomia abitativa, intitolato ad un domenicano, premio nobel per la pace nel 1959, fr. Dominique Pire, e tale iniziativa è supportata da tante persone vicine.
Sin dal 2017 il patrimonio librario della antica biblioteca conventuale è stato messo a disposizione della cittadinanza a seguito di una ristrutturazione che ha consentito l’apertura della ‘biblioteca dei domenicani’ al pubblico e il suo inserimento nella rete REDOP cittadina con collaborazioni in atto con le scuole della città, con varie Università e aprendo anche al prestito dei libri. Da una serie di iniziative promosse a san Domenico dal centro Espaces Giorgio La Pira ha avuto origine in città negli ultimi anni l’impegno di associazioni in attenzione ai migranti. Ricordo poi durante la pandemia le presentazioni di libri e incontri a distanza su temi sociali ed ecclesiali e le letture di Dante con la partecipazione di molti docenti delle scuole della città che tanta attenzione hanno suscitato.
Quali progettualità avete sulla chiesa e il convento?
Si è svolto nel mese di luglio scorso il capitolo di provincia, che si tiene ogni quattro per eleggere il superiore provinciale e per attuare verifica e progettazione della vita comunitaria e apostolica.
Il capitolo ha confermato gli impegni in atto nel convento di Pistoia benché non sia più presente una comunità residente ed ha peraltro anche confermato alcune responsabilità in ambiti di impegno da tempo in atto affiancando presenze più giovani. San Domenico desiderava una comunità di fratelli disponibili all’itineranza, aperti a camminare e ad andare verso chi è escluso. Oggi si tratta di vivere tale attitudine in modi nuovi nella disponibilità a testimoniare il vangelo senza tanti orpelli e sicurezze e nel rispondere alle chiamate di questo tempo con disponibilità giorno per giorno.