di Ugo Feraci

Una manciata di parole e molto silenzio. Appena terminato l’incontro con Federico De Rosa hai la sensazione di aver viaggiato lontano. Federico tace, non dice una parola. Però scrive, lentamente, con un solo dito, come ammette lui stesso. Lettera dopo lettera, lascia emergere dal silenzio e dalla profondità del proprio animo parole che compongono pensieri folgoranti quanto essenziali. Ogni termine cade al punto giusto e traduce una sapienza che non ti aspetti, che assume i tratti della grazia.

Federico è un ragazzo autistico di 27 anni. Vive a Roma con la mamma e il babbo Oreste, che lo ha accompagnato nella sua trasferta pistoiese. Opera nel mondo della diversa abilità, come scrittore, giornalista non professionista e partecipando ad incontri e convegni. A Pistoia il suo incontro è avviato con una riflessione sulla sua esperienza spirituale e sulla preghiera. Ma dopo una breve introduzione lo spazio è per le domande del pubblico, in un colloquio che si fa presto intensissimo e che dalle parole si apre al silenzio. Perché Federico risponde digitando, una lettera dopo l’altra le sue risposte. Oltre l’apparenza di stereotipie, gesti e borbottii che sembrano proiettarlo altrove, il suo pensiero lucido e presente sorprende e smonta con limpida semplicità, le complicazioni e le ristrettezze di molte posizioni o punti di vista. Non c’è spazio per la polemica o alcun sentimentalismo.

Il suo sguardo sulla Chiesa è realista: siamo pronti ad accogliere il neurodiverso, l’autistico, nelle nostre comunità? «Probabilmente no, — scrive Federico — però possiamo iniziare a pensare ad una vita ecclesiale non più “normali centrica” ma capace di accogliere ed integrare ogni forma di neuro diversità, autismo incluso». Federico invita a cambiare prospettiva: «In parrocchia non penso mai a cosa la comunità può fare per me ma a cosa io posso fare per la comunità. Dona e scoprirai il servizio che Dio ha pensato per te». Suggerimenti che hanno il sapore del Vangelo, smarcano da complessi e pretese e che sono il miglior viatico possibile per il cammino sinodale che anche la Chiesa diocesana dovrà intraprendere.

«Dipende da ciascuno di noi — scrive Federico — essere testimone di una Chiesa nuova. Tutti diversi, ciascuno unico, nessuno escluso». L’incontro a Pistoia è già un primo passo per maturare una coscienza diversa. «Ora — conclude Federico — vi raccomando tutti gli esclusi. Stanateli ».