Don Dario Vitali ha incontrato il clero pistoiese per un confronto sul percorso della Chiesa. Un invito a riscoprirsi parte del popolo di Dio e ascoltare con attenzione la voce dello Spirito

Il cammino della Chiesa pistoiese vede il singolare intrecciarsi di tre sinodi diversi: quello dei vescovi dedicato al tema stesso della sinodalità, quello della Chiesa italiana, inserita in un processo di ascolto e discernimento in più fasi fino al 2025 e, infine, quello diocesano, rimandato a causa della pandemia e che oggi riprende il proprio corso. Un intreccio che assomiglia ad un inestricabile ginepraio ma che, se lo si considera fuori da ogni pregiudizio, lascia intravedere anche i segni di una grazia inattesa. 

Don Dario Vitali ha aiutato il clero diocesano a orientarsi nella navigazione sinodale, con una densa relazione proposta online giovedì 10 febbraio. Punto previo ad ogni considerazione resta, secondo Vitali, la Costituzione apostolica Episcopalis Communio (15 settembre 2018) con cui Papa Francesco ha modificato la natura del sinodo, trasformandolo da un evento collegiale (l’assemblea di soli vescovi) ad un processo, inserito in un orizzonte più ampio e davvero sinodale, aperto da una fase di consultazione del popolo di Dio, seguita dal necessario discernimento, fino al tempo della recezione. «Un aspetto che ci fa intendere come i tre livelli, diocesano, nazionale, universale, siano tutti interconnessi».

Proprio la consultazione del popolo di Dio richiesta per la preparazione del sinodo «riequilibra gli elementi interni alla Chiesa», promuovendo una sorta di rivoluzione copernicana rispetto al modo abituale di intendere questi temi. Il sinodo infatti, da una parte riflette l’esigenza della collegialità, ad immagine del collegio apostolico, dall’altra, secondo l’intendimento di Papa Francesco, «deve sempre più diventare uno strumento privilegiato di ascolto del Popolo di Dio» ( Episcopalis Communio).

«Il quadro— afferma Vitali —è quello che emerge da Lumen Gentium 23, laddove si afferma che le chiese particolari «sono formate ad immagine della Chiesa universale, ed è in esse e a partire da esse che esiste la Chiesa cattolica ». «Ci rendiamo così conto — puntualizza quindi Vitali — di trovarsi di fronte a una sfida straordinaria: il popolo di Dio non esiste se non nelle chiese particolari». Un’affermazione che sottrae campo anche al rischio di spingere troppo avanti un teologia del popolo di Dio in cui l’unico punto fermo resta il sacerdozio battesimale «posto come alternativo se non antagonista delle chiesa gerarchica ». Se un tempo — commenta Vitali — in una chiesa più attenta alla gerarchia e alla collegialità, il rischio era quello di «un sinodo senza sinodalità», ora la deriva è quello di «una sinodalità senza sinodo», perché puntando tutto sull’uguaglianza dei credenti per il Battesimo, il popolo di Dio finisce per diventare una entità astratta e manipolabile.

«Se la consultazione esiste nelle Chiese particolari — spiega Vitali — occorre ricordare che non esiste Chiesa particolare senza il suo principio di unità che è il vescovo. Una Chiesa sinodale non è alternativa alla Chiesa gerarchica: sono le due facce dell’unico mistero: la Chiesa è gerarchica perché sinodale, e sinodale perché gerarchica». Lo ha fatto intendere bene papa Francesco quando ha chiesto di avviare

il cammino sinodale nelle Chiese particolari la domenica successiva all’apertura del sinodo dei Vescovi a Roma il 16 ottobre scorso; lo chiarisce l’apertura del documento preparatorio del Sinodo quando dice che «la Chiesa di Dio è convocata in Sinodo», «essendo convocate — spiega Vitali — tutte le chiese». Dati questi presupposti restano ancora molti interrogativi aperti.

Quale obiettivo ha la consultazione del popolo di Dio? Non semplicemente produrre conclusioni; però «ascoltandoci gli uni gli altri ascoltiamo lo Spirito. Ascoltando il Popolo di Dio possiamo intercettare quel sensus fidei che farà una grande e armonica melodia che compone le voci di tutte le chiese, con la loro storia e la loro memoria». Anzi, «dopo la consultazione ogni Chiesa dovrebbe essere più Chiesa, con un recupero di relazioni che nella ripetizione degli schemi hanno un po’ sclerotizzato i rapporti tra le membra del corpo».

Perché consultare il popolo di Dio? È una concessione alla democrazia? No – sostiene Vitali –, nessuna confusione con il mondo, anzi, si tratta di evidenziare la partecipazione alla funzione profetica di Cristo che ogni battezzato riceve con il Battesimo. Il Sinodo è poi un invito a considerare la Chiesa alla luce della dimensione trinitaria, soprattutto alla luce dell’azione dello Spirito Santo: «il cammino insieme verso il Regno lo si fa ascoltando lo Spirito».

Le nostre comunità sono capaci di vivere la sinodalità? Non abbiamo bisogno di laici più formati? «Nell’ascolto di Dio — spiega Vitali — il popolo di Dio potrà crescere». Piuttosto che parlare di laici e di laici preparati, parliamo di popolo di Dio. Non si tratta di mettere su uno contro l’altro; il principio di uguaglianza è sempre sopra la differenza».

Ugo Feraci