Luca Gorrone, ex poliziotto: «I ragazzi sono vulnerabili, si punta soltanto sulla paura»

Tutelare ed informare i più giovani su bullismo e cyberbullismo dando loro gli strumenti per difendersi e, soprattutto, per riconoscerlo, senza focalizzare l’attenzione sul tema solo nei casi di violenza ma parlandone con continuità. Con il lento ma progressivo ritorno alla quotidianità scolastica della presenza in classe il problema ritornerà nelle aule, perché in realtà mai risolto in precedenza. Questo il fulcro dell’analisi di Luca Gorrone, membro dell’ANPS (Associazione Nazionale Polizia di Stato) ed in passato responsabile territoriale per la Polizia di Stato per l’informazione sul bullismo.

Gorrone, la pandemia che effetto ha avuto sui fenomeni di bullismo e cyberbullismo?

Paradossalmente sul fenomeno era peggio prima, quando c’era la presenza della persecuzione che univa il fatto fisico a quello digitale. In questi anni, con lo spostamento ad un fenomeno principalmente per via digitale, emerge quanto i ragazzi non siano a conoscenza degli strumenti per contrastare il fenomeno, aumentando la loro vulnerabilità. In tal senso non aiuta nemmeno l’informazione giornalistica ad intermittenza sul fenomeno: poco spazio alle attività di contrasto, come il numero antibullismo (il numero verde 114, presentato a febbraio 2020, nda), mentre molto spazio viene dedicato agli episodi di violenza ed alla cronaca nera. Si insegna ai ragazzi ad avere paura ma non gli si insegna come vincerla.

L’attenzione e le azioni di contrasto al fenomeno del bullismo, a livello di personale scolastico, è mutato nel tempo?

Dalla nascita della figura del referente d’istituto per il bullismo, con la legge 71 del 2017, ogni scuola ha il compito di individuare almeno un docente che possa raccogliere e diffondere le buone pratiche educative, organizzative e azioni di monitoraggio, in realtà si è assistito a differenti risultati. Sul nostro territorio in alcuni casi questa collaborazione tra il referente ed il dirigente scolastico ha portato talvolta a dei nulla di fatto mentre altre volte è stato punto di partenza per risultati concreti grazie al lavoro di insegnanti, vere eccellenze. Tra queste ultime senza dubbio il lavoro svolto all’Istituto Marconi-Frosini di Pistoia dalla professoressa Serena Vajro che, anche durante il periodo pandemico, ha portato avanti progetti antibullismo. I ragazzi, coinvolti in un percorso che si rifà alla “peer education”, cioè all’educazione tra pari, infatti sono arrivati a creare un gioco di carte per supportare ed informare sul fenomeno del bullismo, con i disegni realizzati dagli studenti del Liceo Artistico Petrocchi di Pistoia, e che oggi, nonostante la ritrovata attenzione del tema, non trova nemmeno quel minimo supporto economico per poter essere stampato e diffuso nelle scuole. Un prodotto di qualità che potrebbe essere preso da esempio.

Quali sono le maggiori difficoltà che individua nella diffusione di un messaggio coordinato per il contrasto al bullismo?

Una delle difficoltà è rappresentata dalla mancata messa a sistema di progetti o azioni coordinate. Ci sono realtà che vedono il cambiamento continuo del dirigente scolastico, cosa che non permette una tempistica adeguata per lo sviluppo di qualsiasi progettualità. Fino a quando un argomento non diventa sistemico ma solo affidato alla volontà delle persone non avremo una concreta azione di contrasto.

Dario Cafiero