Svanite nello spazio di un giorno le polemiche sanremesi, cancellate con ironia e intelligenza da un fulminante corsivo dell’Osservatore Romano in risposta a furbe “provocazioni” («Non ci sono più i trasgressori di una volta… Non c’è stato nella storia un messaggio più trasgressivo di quello del Vangelo»), vale forse la pena di soffermarsi un po’ di più su quanto suggerisce la comunicazione mediatica dominante. Oggi il messaggio cristiano è totalmente estromesso dall’informazione, dalle reti televisive e radiofoniche nazionali, dalle prime pagine dei “giornaloni”, dagli inserti culturali, relegata a pubblicazioni o trasmissioni (pochissime) espressamente dedicate ad argomenti religiosi. Escluso papa Francesco – accolto a braccia aperte per la sua straordinaria incarnazione di un cristianesimo solidale con l’umanità, da lui sempre rinviata alla relazione col Padre –, le prime pagine spettano solo agli scandali ecclesiastici (preti pedofili, appropriazioni economiche), alle strumentalizzazioni politiche di simboli religiosi (i rosari branditi a scopo elettorale…), ai veri o presunti scandali sanremesi.
I media generalisti, e nel complesso la cultura dominante condivisa, non sa cosa farsene di Dio e dei suoi testimoni, mostra di non averne più bisogno, ha cancellato dai suoi orizzonti la sua attesa e la sua domanda. In Italia anche per reazione storicamente comprensibile all’eccesso di clericalismo che ha sofferto la nostra nazione, dove «Dio» ha coinciso con Chiesa cattolica, tradizione dottrinale di cui oggi si avverte solo la pesantezza e l’estraneità. Eppure la domanda di Dio affiora, non proprio invisibile, se appena si volge lo sguardo alle tante proposte volte per lo più a Oriente che affollano bacheche, riviste, siti specializzati in esperienze e ricerche di antica e nuova spiritualità. Stracciarsi le vesti credo sia inutile e dannoso, oltre che penosamente fuori tempo.
Perché invece non raccogliere la “provocazione” di questa dimenticanza per rilanciare la possibilità di ripensarsi nel piccolo, «dentro» le nostre realtà di gruppi, comunità, parrocchie, famiglie? Perché, superata come speriamo la pandemia che ci ha resi più soli e isolati, non tentare di scoprire, o riscoprire la gioia di parlare insieme di storia, poesia, arte, filosofia? A partire da un libro, una figura, una canzone, un film. Ritrovare insieme spazi di pensiero, cultura, riflessione. Da comunicare con la convinzione e la semplicità di chi sa che tanto può diventare patrimonio condiviso e può arricchire di senso e bellezza le vite di tutti. Chi frequenta la nostra Scuola diocesana di teologia sa che non pochi si mostrano grati e felici di poter scoprire universi passati insospettati, che sentono preziosi per nutrire e orientare anche il proprio presente.
Don Primo Mazzolari spiegava il Vangelo ai suoi parrocchiani con serate sulla Divina commedia e I promessi sposi. Certo, si dirà, non c’erano la televisione, i social, i mille strumenti oggi disponibili. Ma siamo sicuri che non si troverebbe qualcuno, in gruppi, parrocchie, famiglie, disposto a riscoprire la gioia di rileggere e interrogarsi insieme? Magari a partire proprio dai suggerimenti di quel grande prete del Novecento che fu Mazzolari, o da una poesia di padre David Turoldo, di cui in questo 2022 si celebrano i trent’anni dalla morte. Ma potrebbero essere anche i testi delle tante straordinarie donne del Novecento, come Etty Hillesum, Simone Weil, Madeleine Delbrêl che spesso ci accompagna in queste pagine. E perché no le canzoni di Franco Battiato, la Buona novella di Fabrizio de André, la “mistica occidentale” dei Baustelle? Lasciando spazio alle diverse sensibilità, lasciandosi interrogare da quanto nel gruppo, nella comunità, nella parrocchia potrebbe ispirare. E anche da Sanremo può giungere uno spunto, se viene letta una poesia suggestiva e non banale come Bello mondo di Mariangela Gualtieri. Scommettendo che è possibile tornare, insieme, a pensare, per tornare, insieme, a trovare radici, senso, speranza.
Mariangela Maraviglia