Pure di fronte alla guerra è più facile restare piantati nella propria trincea che tentare vie d’uscita dal conflitto. Il fenomeno raggiunge episodi francamente imbarazzanti, al punto che mentre la Gospa sembra parteggiare per i filorussi, la Madonna di Fatima sembrerebbe disposta a una più democristiana intercessione bipartisan, per quanto ci sia chi sospetti che la consacrazione compiuta da Papa Francesco non sia stata fatta con tutti i crismi.

Poi ci sono le frange politiche più diverse: i super comunisti sparano a zero contro gli ucraini, come se fossero tutti neonazisti patentati membri del battaglione d’Azov, mentre i progressisti più nostalgici sognano la Resistenza guardando le ucraine con il kalashnikov in spalla. A estrema destra, per non sbagliare, si dividono fifty-fifty: Forza Nuova filo Putin e Casa Pound filo Kiev. Per molti altri non si sbaglia mai a dar la colpa alla Nato e agli americani plutocrati. Allo stesso modo certo mondo no-vax simpatizza verso il capo del Cremlino, ora additato quale nemico numero uno del nuovo ordine mondiale. Non continuiamo oltre, ma la sensazione è che la guerra sia l’ennesimo specchio in cui si riflette la nostra visione del mondo e il corollario in cui trovare conferme e nuovi colpevoli.

In rete c’è di tutto ovviamente, anche quanto potrebbe aiutarci a comprendere la complessità di un conflitto che non si spiega con quel poco che sappiamo o crediamo di sapere. Eppure – complici i cookies e l’algoritmo di Google – continuiamo a orbitare irrimediabilmente attorno alle nostre piccole verità. È difficile, d’altra parte, entrare in una storia diversa da quella del proprio orticello. Per chi ha vissuto settant’anni di comunismo la seconda guerra mondiale è finita soltanto nel 1989 e parlare di spie e delatori, di omicidi politici ed epurazioni non è mai passato di moda. Giusto qualche giorno fa l’arcivescovo greco cattolico di Kiev raccontava di essere finito nella lista dei nemici da uccidere e la scoperta di infiltrati in diocesi («Avevano nomi, cognomi, indirizzi»).

Entrare nella testa degli altri è complicato. Uscire dalle nostre trincee faticoso. Anche l’Esodo – ci insegna la Scrittura – è stato un cammino complicato e per il Signore è stato più facile morire e risorgere che convincere gli uomini a uscire dai propri peccati. Proprio la Pasqua che si avvicina dovrebbe farci pensare che il sangue versato non ha differenze. I morti si somigliano tutti. Ci farebbe bene pensare che dietro il brivido di missili e spari in diretta, canali YouTube dedicati ad antologie di violenze e carri armati che esplodono, stanno uomini che vanno in brandelli, padri, figli, fratelli che in un attimo sono spazzati via dalla guerra. Mentre figli o coetanei si uccidono tra loro, lassù, nell’orbita spaziale, americani della Iss e russi della Soyuz si sono abbracciati, guardando insieme un pianeta che fluttua silenzioso nel cosmo, percorre la sua orbita, ruota ogni giorno su se stesso e di anno in anno attorno al sole poi, di anno luce in anno luce, solca distanze siderali ben più grandi di quelle che separano un uomo dall’altro.

Pievano Arlotto