L’origine e il significato della pratica del “giro delle sette chiese”. Un invito a fermarsi in preghiera di fronte all’Eucarestia per riparare i peccati degli uomini

Alla ricchezza della liturgia la sensibilità popolare affianca devozioni e pratiche ancora molto vive. Don Giordano Favillini, dalla Fraternità apostolica di Gerusalemme, ci aiuta a comprendere le radici e il senso di una pratica molto sentita nel nostro territorio.

Don Favillini, come nasce il “giro delle sette chiese” che ancora oggi in diocesi si pratica il giovedì santo?

La visita delle sette chiese risale all’opera pastorale di San Filippo Neri che a Roma riuniva molte persone e in gruppo le portava a visitare sette chiese dell’Urbe. Durante il tragitto cantavano e allegramente pregavano e facevano fraternità. Arrivati in chiesa San Filippo faceva una predica su argomenti della Sacra Scrittura o sulla vita dei Santi; così evangelizzava e grazie a questa iniziativa riportò molti alla fede. A Pistoia questa pratica viene fatta soltanto il giovedì santo e la mattina del venerdì, però perlopiù individualmente ad eccezione delle Confraternita di Misericordia che la fa in gruppo.

Quest’anno, dopo la messa del Giovedì santo, il Santissimo sacramento sarà portato dalla Cattedrale anche nelle altre chiese della parrocchia del Centro storico. Può ricordarci dove e quando sarà presente l’adorazione eucaristica?

Quest’anno la Messa “in coena Domini“ sarà celebrata solo in Cattedrale, San Bartolomeo e Sant’Ignazio. Però alla fine della Messa celebrata dal vescovo sarà portata l’Eucarestia nelle altre chiese del Centro storico (Basilica della Madonna dell’Umiltà, San Paolo, Sant’Andrea e Il Tempio) per l’Adorazione nella sera e nel giorno dopo. In tutte le chiese del centro storico sarà possibile fare l’adorazione dalle 19.30 fino alla mezzanotte e il mattino del venerdì santo.

L’adorazione del giovedì santo ha un valore particolare, perché ricorda la preghiera di Gesù nell’orto del Getsemani, quella preghiera accorata nella quale decise di offrire la Sua vita per la salvezza dell’umanità con le parole «non la mia ma la Tua volontà si compia». Nella notte del giovedì santo Gesù fu abbandonato dagli apostoli, rinnegato da Pietro, tradito da Giuda; è stata una notte tragica e dolorosa in cui oltre alla sofferenza dell’abbandono subì tentazioni e affronti, per questo rivolto agli apostoli disse: «non siete stati capaci di vegliare almeno un’ora con me?». L’Adorazione di questa notte ha un valore in quanto si vuole esprimere la nostra vicinanza a Gesù che, a detta di San Paolo, è in agonia fino alla fine del mondo.

C’è qualche differenza tra l’adorazione eucaristica che si vive nel resto dell’anno e quella del Giovedì Santo?

L’ora di adorazione che si fa in questa notte si chiama “ora del Getsemani” ed ha un valore riparatorio, per controbilanciare tutta l’indifferenza, il rifiuto, l’abbandono da parte di tanti fedeli della fede o la rinuncia del ministero sacerdotale o dei voti da parte di tanti religiosi, fatti questi, che feriscono il Cuore di Gesù. Trascorrere un’ora con Gesù in questa notte, nel silenzio e nella contemplazione della Passione, è certamente un modo per intercedere per tutte le miserie e le sofferenze presenti nel mondo, per unirle al sacrificio di Cristo e trovare in esso consolazione e un senso che di per sè non ha. Oggi possiamo intercedere per tutto il male che ha provocato questa guerra e impetrarne la fine.

Daniela Raspollini