Sabato 4 giugno in Piazza del Duomo la Messa di apertura del cammino diocesano

Una data da ricordare. Il primo appuntamento di un evento dalla portata storica. Venerdì 13 maggio, nella memoria della Madonna di Fatima, con una conferenza stampa nel Seminario di Pistoia il Vescovo Tardelli ha annunciato la data di apertura del Cammino sinodale della diocesi di Pistoia. La Chiesa pistoiese è infatti chiamata a raccolta il prossimo 4 giugno alle 21 in Piazza del Duomo, per la celebrazione della Veglia e della Messa di Pentecoste.

«Tutta la Chiesa locale — ha spiegato il vescovo —, a partire dalle parrocchie fino ad arrivare a ogni altra realtà, si metterà come gli apostoli nel cenacolo, ad invocare lo Spirito Santo per avviare il prossimo Sinodo diocesano della Chiesa di Pistoia». Sabato 4 giugno sarà l’occasione di vivere nella preghiera una indimenticabile esperienza di Chiesa. «Invocheremo tutti insieme lo Spirito Santo — spiega il vescovo Tardelli — perchè ci illumini e ci guidi nel cammino sinodale, per essere Chiesa unita, attenta alle attese di Vangelo presenti negli uomini e nelle donne dei nostri territori e protesa alla testimonianza e alla missione apostolica».

Tutti sono invitati a partecipare: dai parroci e dai fedeli delle 152 parrocchie, distribuite sulle province di Pistoia, Prato e Firenze, alle associazione e aggregazioni ecclesiali presenti sul territorio. Per favorire la partecipazione la Messa si svolgerà all’aperto in piazza del Duomo con il coordinamento e l’aiuto di numerosi volontari.

Oggi la convocazione del Sinodo è l’occasione di vivere più pienamente la stessa identità ecclesiale. Non si tratta di “inventare” qualche soluzione pratica o di cambiare la “dottrina” e la disciplina della vita della Chiesa, quanto di “capire” il cammino che Dio continua a rivelare ai credenti nella storia tramite il suo Spirito.

Il Sinodo però non è una sorta di parlamento, bensì l’occasione per condividere, confrontarsi, discernere e di farlo alla luce della preghiera e della conoscenza della rivelazione. «L’esercizio di consultazione — ha spiegato il Vescovo — non è un’indagine demoscopica: dobbiamo comprendere quello che ha da dirci il Signore e quelle attese di Vangelo che sono presenti nella società: attese di speranza, di una buona notizia, attese di vita ».

Il tema proposto dal vescovo per il Sinodo infatti, è quello delle “attese di Vangelo”. I lavori si concentreranno cioè, su come essere sempre più una Chiesa missionaria, capace di testimoniare e annunciare il Vangelo, interpretando le inquietudini e le attese della gente, impegnandosi in una sempre più autentica comunione. Resta il fatto però, che il Concilio Vaticano II e recentemente il magistero di Papa Francesco, insistono molto, anche a riguardo della celebrazione del Sinodo, sulla necessità di valorizzare la partecipazione dei laici, di sottolineare la comune identità di figli di Dio illuminati e sorretti dalla grazia del Battesimo. In questo senso, afferma il vescovo Tardelli, «è venuto il tempo ormai, dopo tante tergiversazioni, che la grazia del Battesimo si esprima nella partecipazione plurale e gioiosa di tutto il popolo di Dio alla vita e alla missione della Chiesa».

«Sarà un cammino — ha aggiunto il vescovo — che dovrà essere verificato, che non deve cessare; la celebrazione puntuale del sinodo ha infatti i suoi momenti, le sue tappe, le sue preghiere, i suoi riti, ma occorre acquisire uno stile di Chiesa sinodale. Questo è un punto fondamentale. Non solo la celebrazione conta, ma conta mettersi in uno stato sinodale permanente quale stile proprio, permanente della Chiesa».

«Le idee chiave — riassume il vescovo Tardelli — sono queste: ascoltiamo i segni dei tempi, le attese di Vangelo dentro di noi e dentro la società, cerchiamo di capire le sfide del presente. Convertiamoci come Chiesa, per essere pronti a essere capaci di rispondere a queste fide». «Dobbiamo cambiare qualcosa? Dobbiamo cambiare la nostra presenza nei territori? Sfrondiamo quel che c’è da sfrondare, cambiamo quel che c’è da cambiare, per meglio annunciare, per essere sale di questa società, per esserne lievito, per essere – come ricorda il Concilio — segno e strumento di unità di tutto il genere umano».

Ugo Feraci