Tra le tante opere sostenute dai fondi dell’8xmille a Pistoia c’è anche il progetto de «La conchiglia», che accoglie donne vittime di sfruttamento e maltrattamenti

Un luogo sicuro dove ripararsi dopo le tenebre dello sfruttamento per recuperare la propria luce, così da poterla nuovamente proiettare verso un futuro luminoso e libero. Quello della casa famiglia “la Conchiglia” di Pistoia è un progetto che nasce come segno concreto del Giubileo del 2000, su proposta del Consiglio delle religiose di Pistoia, per rispondere a nuove forme di povertà e di maltrattamenti verso le donne. Sono donne, anche giovanissime, spesso comprate e vendute nei loro paesi e lungo quelli di transito, introdotte in Italia con l’inganno per poi sfruttarle, in genere, nella prostituzione.

«Quando si sono aperte le strutture – ci racconta la dottoressa Rossana Oropallo, responsabile della casa famiglia “la Conchiglia” – le donne che chiedevano supporto erano principalmente quelle provenienti dai paesi dell’Est Europa, solo successivamente si è avuto un maggiore afflusso di ragazze africane». «Sono sempre avvicinate con l’inganno – prosegue Oropallo – con le promesse di una vita migliore in Italia ma in alcuni casi, in particolar modo con le donne in arrivo dalla Nigeria, assistiamo ragazze che vengono soggiogate anche psicologicamente con riti ritenuti magici, come il rito dello ‘juju’, pratica che sottomette delle adolescenti in modo vincolante alla madàm o comunque al fantomatico stregone, venendo così costrette ad obbedire ciecamente». La casa famiglia de “la Conchiglia” riesce ad ospitare fino ad 8 persone, con altrettanti posti letto e vede impegnate oltre alla responsabile-psicologa dottoressa Oropallo, anche un’educatrice e suor Giuliana delle suore Francescane dei poveri in qualità di assistente sociale.

«Le donne che giungono – sottolinea la dottoressa Oropallo – vogliono recuperare, ripristinare, l’immagine di se stesse per spezzare le catene dall’assoggettamento che per lunghi periodi le ha rese altro da quel che sono. Vogliono ricostruirsi come persone, ricominciare nuovamente il loro percorso. All’interno della Casa si gioisce per i risultati raggiunti, ma molto più frequenti sono i momenti in cui si accoglie il dolore, la paura delle ritorsioni verso le famiglie lontane, i lutti a cui non possono essere presenti, la tristezza e la nostalgia, le preoccupazioni per la salute».

Un passaggio delicato, quello verso una ritrovata libertà ed una ancora più attesa autonomia, che le realtà come “la Conchiglia” riescono a supportare attraverso progetti nazionali come Satis e Demetra.

«Rientriamo nel progetto Satis chiosa Oropallo – cioè il Sistema Antitratta Toscano Interventi Sociali, in cui siamo in rete con le realtà regionali e nazionali che consentono l’inserimento lavorativo delle donne che si sono rivolte alle nostre realtà, garantendo loro la sicurezza personale e la prospettiva di un’autonomia economica, passaggio imprescindibile per potersi definire libere. Con Demetra poi riusciamo anche a supportare le donne che sono sfruttate in ambito lavorativo, cercando di dar loro il supporto operativo e psicologico per avere la forza di denunciare e ritrovarsi».