Dalle urne emerge un tessuto istituzionale del tutto nuovo che indica una lettura diversa dello sviluppo della città per il futuro
Da sempre le consultazioni elettorali funzionano come un sismografo, registrando periodicamente i movimenti verificatisi negli orientamenti (non soltanto) politici dei cittadini. Il 12 giugno scorso, le lancette del sismografo hanno oscillato in modo fortissimo, segnalando e soprattutto confermando i profondi cambiamenti avvenuti negli ultimi anni nella società pistoiese. Ci vorrà tempo per analizzare ed interpretare, con la necessaria accuratezza, le molteplici implicazioni e i duraturi effetti di una scossa sismica che molti hanno già definito epocale. Fin d’ora e senza pretese di completezza si può, però, tentare di descrivere alcune delle novità di maggior rilevanza.
Anzitutto si deve riconoscere che il sistema politico locale è uscito sostanzialmente trasformato dal voto. L’area del centrodestra, da anni schierata in modo coeso attorno al Sindaco Alessandro Tomasi, ha notevolmente incrementato il proprio consenso divenendo polo egemone, mettendo a frutto l’indubbio lavoro svolto senza risparmio nei cinque anni di amministrazione comunale, affrontando efficacemente i problemi quotidiani dei cittadini e delle strutture pubbliche, compresi quelli drammatici provocati della pandemia. In modo quasi speculare, l’area del centrosinistra ha accentuato la sua disgregazione, avendo il partito democratico ormai definitivamente perduto, con il consenso e le antiche rendite di posizione e di potere, il ruolo e la funzione di perno dell’area, a vantaggio di una più equilibrata e plurale presenza di forze politiche con innegabili connotazioni civiche.
La personalizzazione della politica, anche a livello locale, ha toccato un punto altissimo, con l’inatteso successo della lista del Sindaco uscente, i cui voti (17,32%) hanno quasi eguagliato i voti ottenuti dal partito democratico (20,42%), giustificando così preoccupate riflessioni sull’effettivo senso e ruolo futuro dei programmi e dei partiti tradizionali. I risultati elettorali, infine, hanno confermato che Pistoia sta inesorabilmente cambiando pelle, sta mutando i suoi tradizionali caratteri socio-economici e culturali e necessita di una nuova narrazione che, senza disconoscere la qualità del (quieto) vivere presente, sia capace di convincere l’intera comunità locale in tutte le sue componenti- a rimettersi in cammino, ad accettare i rischi e la fatica di un cambiamento di mentalità e di stili di vita, necessario per non soccombere dinanzi alle impegnative sfide suscitate dal prolungato inverno demografico, dalla ineludibile questione ambientale, dalle incessanti migrazioni e perduranti discriminazioni, dalla decrescita economica, dalle crescenti disuguaglianze, dalla inquietante disoccupazione-inoccupazione della nostra gioventù: temi, questi, rimasti sostanzialmente ai margini del dibattito elettorale.
Come si comprende, quelli da intraprendere sono cambiamenti che potranno essere attuati soltanto a partire da una coraggiosa ed innovativa riflessione sull’identità e sul futuro ruolo di Pistoia nel contesto dell’Alta Toscana, territorio di opportunità e di inedite quanto strategiche collaborazioni anzitutto con le confinanti città non metropolitane di Prato e Lucca; un vasto territorio con quasi un milione di abitanti, ormai assimilabile ad una “seconda area metropolitana” regionale (accanto a quella fiorentina), sempre più organizzato come dinamica e competitiva piattaforma produttiva e commerciale a forte vocazione internazionale, poggiata su un sistema socioeconomico sostenibile, resiliente e pronto a cogliere le opportunità offerte dalla transizione ecologica e da quella digitale, ospitale per le imprese di ogni dimensione e nazionalità, accogliente e inclusivo per le persone di ogni provenienza, rispettosa dei diritti dei cittadini e dell’ambiente.
Alessio Colomeiciuc