Al Palazzo vescovile un confronto aperto e senza filtri tra i rover e le scolte dei clan Agesci e monsignor Tardelli
Qual è lo stipendio dei vescovi e dei cardinali? E perché le donne non possono celebrare la Messa?». Le domande “scomode” arrivano al vescovo, una dietro l’altra dai giovani scout, rover e scolte dei clan di Pistoia. Il contesto è un incontro dal sapore familiare, “a casa del vescovo”, nell’atrio al primo piano del Palazzo in via Puccini, dove la solennità degli spazi non irrigidisce il colloquio tra più di cinquanta ragazzi incuriositi e attenti monsignor Fausto Tardelli.
A volerli lì, per un confronto libero e diretto, è stato proprio lui che nel suo ministero ha svolto servizio anche come assistente di diversi gruppi Agesci e per gli scout, d’altra parte, non nasconde la sincera simpatia di chi si sente “uno di loro”. Le domande dei ragazzi però, non fanno sconti: «perché le donne non possono celebrare la Messa?». Il vescovo risponde senza scomporsi, ma con pacata chiarezza spiega il senso e il valore della tradizione, la fedeltà a Cristo e al suo insegnamento, alla scelta di un gruppo di apostoli tutto maschile. gli interrogativi spaziano da un argomento all’altro, fino alle vicende pastorali più concrete: «Perché, domanda un altro giovane rover, sono state unite tutte le parrocchie del Centro storico?». Il vescovo si destreggia, o almeno ci prova, nello spiegare il valore del principio dell’unità, dell’unico corpo fatto da membra diverse, dell’esigenza di cambiare parroco dopo un tempo congruo di tempo per evitare accomodamenti.
Poi i giovani toccano temi di viva attualità: «come mai la Chiesa non spiega con chiarezza perché non consente l’accesso ai sacramenti ad alcune persone? Perché si dimostra chiusa nei confronti di diritti civili?». «Il Cristianesimo — spiega il vescovo — è scoprire che tu sei nel cuore di Dio, che Dio ti ama, ti è venuto a cercare. Hai fiducia in Lui? Gesù ha detto: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi”. Questo è il Cristianesimo. Quando si entra in questa logica si possono intendere anche certi impegni e certi comandamenti. Se manca questa premessa, non si capiscono ». «E poi — aggiunge il vescovo— il Signore non condanna nessuno: vuole tutti salvi». «Cosa ne pensa del Catechismo? E perché dare il Battesimo ai figli e non aspettare che lo scelgano da adulti?». «Il Battesimo — commenta il vescovo — è un dono, non è soltanto una scelta. Un genitore ha sempre il desiderio di dare e condividere ciò che è meglio con suo figlio». «E perché i preti non si possono sposare?»; «Ma anche nella Chiesa cattolica — ribatte Tardelli — ci sono preti che si possono sposare: sono i preti di rito greco. Gli altri non si sposano per essere più liberi e disponibili al servizio, per essere testimoni di un anticipo del Regno, per donarsi alla Chiesa con amore indiviso». E poi mostra l’anello, un anello «che porto sempre» racconta, perchè ricorda il suo legame intimo, “nuziale” con la Chiesa di Pistoia. «E la maternità surrogata?». «Non rischiamo di far diventare il miracolo della vita un acquisto in stile Amazon? Scegliamo un figlio, ce lo facciamo partorire e spedire. Ma un figlio non è un prodotto è un dono. Che nasce dall’amore di un uomo e di una donna. La tecnica può fare molto ma ciò che è possibile non è sempre umano. Qual è il modo “umano” di far nascere un figlio?».
Il tempo vola e non c’è spazio per leggere tutte le domande. Un foglietto donato dagli scout al vescovo le raccoglie tutte, per fare memoria di una serata speciale e, perché no, riprendere un giorno il dialogo là dove si è interrotto.
Ugo Feraci
(Tratto da La Vita-Pistoia Sette, dorso diocesano di Avvenire)