«Non ucciderai». Così dice il comandamento di Dio. Un comando che non giunge all’uomo dall’esterno ma dal profondo della sua anima. Non solo. Quel comandamento è stampato sul volto dell’altro, di ogni altro. Il volto di chi mi sta davanti mi guarda, i suoi occhi incrociano i miei e portano dentro il comando di Dio: “tu non mi ucciderai”, “tu non mi puoi uccidere”: perché l’altro, chiunque esso sia, non è in nostro potere.

Ogni essere umano è inviolabile immagine di Dio e anche la sua vita terrena è sacra. A questo comando di Dio impresso dentro la coscienza come nel volto dell’altro, occorre ubbidire. È qui il punto. Non bisogna girarci intorno. È una questione di libera volontà. Perché si può disubbidire al comando: io non devo uccidere ma se lo voglio, lo posso fare.

E c’entra fino ad un certo punto l’educazione ricevuta, il contesto in cui si è vissuti, la cultura di cui si è imbevuti. Si tratta di condizionamenti, certo, e quindi occorre lavorare per toglierli di mezzo. Ma alla fine resta la libertà di ognuno, quella responsabilità che ognuno di noi non può delegare ad altri e sulla quale sarà giudicato: cosa voglio fare? Ubbidire o non ubbidire al comando morale? Un comando esplicito di Dio che si completa con le parole del Vangelo: «tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro», «ama il prossimo tuo come te stesso».

+ Fausto Tardelli, vescovo di Pistoia

(Tratto da La Vita-Pistoia Sette, dorso diocesano di Avvenire)